Il lento fascino
della zona pedonale

Alessandria come Rovereto. E ancora Pistoia, Napoli e la lombardissima Varese.

Non c’è capoluogo in cui l’istituzione delle zone a traffico limitato non provochi proteste e polemiche. Quasi sempre non ci stanno i commercianti, preoccupati che una modifica radicale alla viabilità determini ricadute in negativo sui loro incassi. E in effetti si tratta di una reazione comprensibile oltre che legittima: basta un nulla per deviare i consumatori da una zona all’altra della città, figurarsi sbarrare due piazze a ridosso del salotto cittadino come è avvenuto a Como. E per di più in un periodo di difficoltà qual è l’attuale.

Tra febbraio e marzo centinaia di persone hanno manifestato contro lo stop alle auto. Poi il fronte del no ha imboccato la strada del ricorso in sede giudiziaria ma, via via, il clima pare essere cambiato. I commercianti sono stati presi per stanchezza? Forse qualcuno sì, altri però hanno iniziato a cogliere la Ztl come un’opportunità (più gente a passeggio e per qualcuno la possibilità di mettere i tavolini) e a considerare che in fondo è nella vocazione futura di Como quella di un centro pedonale più grande. Su questo terreno siamo rimasti fermi troppo a lungo: il grande salto risale a Spallino, qualcosa sono riusciti a fare Botta e Binda (una bella idea di entrambi, da rivalutare, era il battellino per turisti e pendolari nel primo bacino ma anche la chiusura del lungolago la domenica mattina), poi più niente. Tornare su quel tracciato, per la giunta Lucini, è stato un riprendere una direzione quasi obbligata se crediamo che lo sviluppo di Como passi dalle politiche per l’accoglienza e dal turismo.

Il tempo aiuta a valutare queste decisioni nella dimensione più corretta. E del resto quale commerciante comasco oggi vorrebbe tornare a una piazza San Fedele invasa dal traffico veicolare così come accadeva negli anni Settanta? La storia di Como, su questo, è la storia di quasi tutte le altre città italiane. Pensiamo a Roma dove nel 1980, pochi mesi prima di Spallino, la giunta comunale istituì la prima isola pedonale italiana nella zona a ridosso del Colosseo. Oppure a Milano dove qualche anno dopo, l’amministrazione vietò la circolazione delle auto in corso Vittorio Emanuele. O ancora a Milano, ma questa è storia di alcuni anni fa, dove il sindaco Letizia Moratti decise di pedonalizzare corso Como, storico punto di riferimento della movida metropolitana. Bene, sempre, questo genere di provvedimenti, ora assunti dal centrosinistra e ora dal centrodestra, sono stati accompagnati da feroci polemiche (dei negozianti ma spesso anche dei residenti) e talvolta da infinite battaglie legali perché nel Paese dei ricorsi e dei controricorsi non si mai che un giudice amministrativo non regali una sentenza a sorpresa. Proteste sempre all’inizio, poi la comprensione che una maggiore vivibilità, per tutti, significa anche la possibilità, per i consumatori, di spendere qualcosa in più nei negozi della zona.

Il maltempo non ha aiutato ma via Plinio, negli ultimi due mesi, è oggettivamente rinata senza l’inquinamento atmosferico e il rumore degli autobus. Giorno dopo giorno i pedoni hanno riconquistato l’intero “calibro” stradale lasciandosi alle spalle l’antica abitudine di camminare sotto i portici. I cambiamenti talvolta richiedono tempi lunghi di assimilazione, bisogna avere pazienza e capacità di mettersi in gioco.

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