Il risveglio di Como
nel nome di Plinio

Alla fine ce l’abbiamo fatta a riportare a casa “l’eroe di Pompei”. Così venne definito Plinio il Vecchio in un titolo a tutta pagina del “Daily Mail”, quando due anni fa il suo presunto teschio fu riscoperto su una teca del Museo Storico dell’Arte Sanitaria di Roma da un giornalista de “La Stampa”, Andrea Cionci. La notizia ebbe vasta eco in tutto il mondo, a conferma dell’influenza culturale che il nostro illustre concittadino non ha smesso di esercitare dopo quasi duemila anni dalla morte, che lo colse mentre stava coordinando le operazioni di soccorso durante l’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C.

Ce l’abbiamo fatta, noi comaschi, a riprenderci un pezzo importante della nostra identità culturale. Se non è caduto nel vuoto l’appello che lanciammo da queste colonne il 26 agosto del 2017 a fare tesoro di quel teschio, emblema dell’importanza dell’eredità pliniana di cui Como è depositaria privilegiata, vuol dire che la “bella addormentata del Lario” si sta risvegliando. Che c’è un’attenzione crescente per la cultura, come leva del cambiamento individuale e collettivo, nonché come motore di sviluppo, anche economico, da parte di tante realtà cittadine. Che le condizioni non proprio scintillanti in cui versano due simboli come il Tempio Voltiano e il Museo Giovio, non sono lo specchio della città tutta, ma semmai un monito per tutti a smettere di pensare che la cultura non sia una priorità.

La mostra “I volti di Plinio - natura est vista”, che si terrà al Broletto dal 1° al 10 novembre, e le iniziative collaterali, che lasceranno piccoli, ma diffusi e fruibili, segni permanenti nella città (l’Orto di Plinio nel parco del Grumello e la Lake Como Poetry Way, scandita da 12 little free library all’insegna del motto pliniano “non esiste libro tanto cattivo, da non essere utile in qualche sua parte”) sono solo l’inizio di un percorso. Ma sono già un punto di svolta, perché segnalano che comincia a esserci una sufficiente massa critica, grazie alla rete che chi in città si occupa di cultura sta faticosamente imparando a fare, per cogliere davvero il bimillenario della nascita dell’autore della “Naturalis Historia” (2023) e, aggiungiamo, anche il bicentenario della morte di Volta (2027), come occasioni per riscoprire, riconnettere e mettere a sistema lo straordinario patrimonio culturale di cui il territorio lariano dispone. Un patrimonio che, non smettono di ricordarci dall’estero (gli inventori californiani della “Volta bike”, prima bicicletta intelligente, come i ricercatori del Mit di Boston che compilando il Pantheon dei grandi uomini di ogni tempo hanno scoperto essere i Plinii i due comaschi più “in vista” su Wikipedia) è più che mai spendibile nell’era del turismo sostenibile e di un mondo che ha bisogno di un nuovo umanesimo per non “bruciare” il proprio futuro.

Oggi dedichiamo un insertino sfilabile di quattro pagine alle iniziative pliniane, il cui merito va in primis a Fondazione Volta che ha promosso tutto e ad Accademia Pliniana che ha curato la mostra, quindi a quello rimandiamo per approfondire i contenuti. Qui preme sottolineare ancora tre dettagli, che tanto marginali non sono. Premesso che il teschio di Plinio, ritrovato sulla spiaggia di Stabia nel 1900, rimane presunto finché non ci saranno prove scientifiche inoppugnabili (non possiamo dimenticare la lettera a Tacito in cui il nipote scrive che dopo tre giorni «il suo corpo venne ritrovato integro»), la sua forza è quella di essere un catalizzatore di attenzione verso l’uomo cui sarebbe appartenuto e l’influenza che ha avuto sull’umanità tutta. Quindi, se di solito si dice che “quando il saggio indica la luna, lo sciocco guarda il dito”, in questo caso vale l’invito a non fermarsi alle orbite oculari, ma a immaginare (facilitati dall’allestimento multimediale della mostra) lo sguardo lungimirante che hanno emanato duemila anni fa, capace di vedere fino all’oggi. Non pare casuale nemmeno il fatto che un altro catalizzatore, attorno al quale si sono amalgamate persone, associazioni e competenze che hanno reso possibile la mostra e gli altri eventi, sia Fondazione Volta, partecipata da enti pubblici e privati, a dimostrazione di quanto sia fondamentale la sinergia tra queste due componenti del tessuto cittadino. Alla base di questo progetto si intravede una passione civica, il curarsi della “polis” che dovrebbe essere lo scopo della politica, emersa anche in tante altre situazioni: dai numerosi festival alla candidatura di Como a Città Creativa Unesco per la seta, al Piano integrato della cultura “Un tesoro di territorio”, istituito presso Camera di Commercio... Rientrano nel novero anche forme di protesta estese e costruttive come il manifesto degli operatori culturali contro la decadenza cittadina dello scorso giugno o la petizione in corso ora per preservare l’asilo Sant’Elia da restauri maldestri.

Che a volte, per ritornare all’inizio del discorso, alcune idee possano partire anche dal giornale e trasformarsi in realtà, perché incontrano passioni diffuse e persone capaci di credere nei sogni e provare a realizzarli, è anche questo un buon segno. Da “La Provincia”, sempre per non perdere il gusto di porsi obiettivi alti, partì 120 anni fa la sottoscrizione per ricostruire i padiglioni dell’Esposizione voltiana devastati dalle fiamme e anche quell’appello non cadde nel vuoto. Per piccoli passi potremmo persino ritornare ad essere capaci di imprese come quella del 1899. Forse, però, è il caso di accelerare un poco, perché il 2023 è dietro l’angolo.

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