Il ritorno della Dc
è solo leggenda

È come il fantasma di un antenato sempre in agguato nelle soffitte di un vecchio maniero della Transilvania: prima o poi torna a farsi vivo. È lo spettro della Democrazia cristiana, il partito che ha governato senza interruzioni l’Italia per quasi mezzo secolo e che si è liquefatto nella crisi della Prima Repubblica, vent’anni orsono. Periodicamente, la speranza, o la minaccia, a seconda dei punti di vista, della sua rinascita fa capolino nel dibattito politico.

In questo momento, l’indizio della presenza del fantasma è rappresentato dal fatto che molti degli esponenti di primo piano del governo Letta, a cominciare dal presidente del Consiglio e dal suo vice, hanno avuto un passato democristiano, al pari di alcuni importanti dirigenti pidiellini di recente emancipatisi da Berlusconi: Formigoni, Giovanardi ed altri ancora. Tutti costoro potrebbero confluire, è questa l’ipotesi, insieme ad una parte del Partito democratico e al partito di Casini, in una nuova formazione politica, centrista e appunto democristiana.

Il primo commento è che si tratterebbe di un evento infausto per il nostro Paese. Il centrismo non è in sé un reato, ma la Democrazia cristiana ha governato per decenni l’Italia senza alternative, in un sistema politico bloccato dalla presenza del più grande partito comunista occidentale. Quella situazione è all’origine di molti dei nostri mali presenti e il pensiero che questo scenario possa ripresentarsi, ad esempio in un Parlamento assediato da populisti irresponsabili di destra e di sinistra, mette i brividi a tutti coloro che hanno a cuore la democrazia e la sua dinamica fisiologica: l’alternanza al governo di destra e sinistra.

Detto questo però, ci dobbiamo chiedere se si tratti di uno scenario plausibile, di una possibilità reale. Crediamo di no. Per molte ragioni. La principale consiste nell’assoluta indisponibilità del mondo cattolico italiano a farsi arruolare in un’operazione di questo genere. Si pensi soltanto all’impressionante avanzata del processo di secolarizzazione, che non solo ha assottigliato sensibilmente le schiere dei fedeli e del clero, ma che soprattutto ha trasformato milioni di cattolici praticanti italiani, un tempo subordinati alla gerarchia e al clero, in “cristiani maggiorenni”, ovvero in persone che, pur partecipando in varie forme alla vita delle comunità ecclesiali, non rinunciano ad usare la propria testa, difendono gelosamente la loro autonomia di giudizio e di azione e non accetterebbero per nessun motivo di essere “intruppati” a forza, come ingenui soldatini obbedienti, in una qualsiasi formazione politica.

Chi pensa che questo possa avvenire, che cioè milioni di cattolici italiani si presterebbero ad essere adoperati come una docile massa di manovra messa a disposizione del potente di turno non sa di cosa parla, ha un’immagine distorta e offensiva del laicato cattolico italiano, della sua complessità, del suo straordinario pluralismo. Nell’epoca della secolarizzazione, la priorità delle chiese, compresa ovviamente quella cattolica, è di tornare all’essenziale, di annunciare il Vangelo, di accogliere i sofferenti, di occuparsi della vita spirituale dei credenti, mantenendo forse, in qualche caso almeno, l’interesse per l’impegno sociale, ma certo diminuendo quello per la politica, e addirittura azzerando quello per l’azione di partito, così distante per sua natura dalla sfera della spiritualità.

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