Il ritorno industriale
Oltre i costi c’è di più

Le ultime a sentenziarlo pubblicamente con uno studio sono state le imprese elettroniche di Confindustria.

Due settimane fa, infatti, Anie analizzava il back reshoring, vale a dire il rientro in patria dei siti produttivi prima portati oltre confine (Asia ed Est Europa in testa) con Luciano Fratocchi, professore di Ingegneria economico-gestionale all’Università de L’Aquila.

Uno zoom legato al fatto che questo settore rappresentava quasi il 20% del totale del fenomeno italiano, secondo solo ad abbigliamento e calzature.

Un fenomeno legato ai costi, certo, a partire da quelli della logistica. Ma non solo, ad esempio c’entra il minore controllo della qualità della produzione all’estero,

L’esempio di Artsana però rafforza questo concetto. Il management del gruppo comasco sintetizza in modo calzante perché riportare in Italia parte della produzione delocalizzata : si produce prima e meglio. Due parole fondamentali, che si legano in questo caso (e non solo, poiché diventa appunto emblematico) a una consapevolezza.

Quella di un’impresa storica, che è andata sì nel mondo, e talvolta ha aperto stabilimenti fuori per vendere meglio su quel mercato, soprattutto quando c’era un prodotto di riferimento forte per la propria identità come il biberon. Ma che sa anche cosa significhi la “casa”.

E non solo per calcolo. Chiaro (oltre che giusto per i posti di lavoro) che dove si è partiti, spesso dal niente, o meglio da un’idea che è poi il tutto, la scintilla scatenante, si voglia rimanere, almeno come centro di gravità. Anche quando non sembra esserci convenienza, di primo acchito. È per riconoscere la genialità di chi ha acceso quel fuoco, è perché la reputazione viene anche dalla propria storia.

Ma adesso si sta abbattendo finalmente un falso mito e ammettendo che senza la manifattura, non si è nulla. Finanza e servizi come unica musica, conducono a un drammatico silenzio. L’ha dimostrato la storia recente.

D’altro canto, non è che rientrati a casa si ricevano fior di applausi e si produca senza ostacoli. L’Italia, la cornice, è sempre quella di prima, nel bene ma anche nel male.

La burocrazia regna sovrana e viene tagliata per ora solo negli annunci, perché ogni imprenditore sa quanto costi in termini di tempo e spesa una pratica, persino semplicissima; figurarsi quelle più impegnative. Né ha cambiato volto il fisco, al di là delle promesse.

Riportare la produzione, tutta o in parte, casomai passa sì dalla consapevolezza di un passato che ha tracciato la strada. Ma anche della sfida che permette di rimanere degni di quel cammino: bisogna dare il meglio, superare i competitor nel mondo e per riuscirci i macchinari supertecnologici non rappresentano l’unica via. Il capitale umano, il saper fare, quelle mani intelligenti di cui ama parlare ad esempio il settore dell’arredo (ma non solo) possono fare la differenza: risorse che si trovano e formano qui.

Sì, si comincia a tornare e oltre i costi c’è di più.

Come ha sottolineato il professor Fratocchi, non si tratta di una pandemia, ma dell’inizio di un fenomeno nel nostro Paese.

E se le aziende come l’Artsana nel nostro territorio lo stanno facendo con le proprie forze, si può immaginare cosa accadrebbe se finalmente promesse e slogan della politica a favore delle imprese diventassero realtà.

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