Il suicidio ignorato
che viaggia sul web

Ai nostri tempi - sfatiamoli i miti cari ai luoghi comuni - nelle scuole girava la droga, i bulli ti picchiavano e ti minacciavano (talvolta anche agitandoti sotto il naso un coltello) infischiandosene se eri il più alto della classe e più d’uno si è ubriacato almeno una volta, per poi scoprire che un virus intestinale era più piacevole di una sbornia.

Bullismo, spinelli in classe e Campari scolati come fossero innocui bicchieri di coca cola non sono un’esclusiva di questa generazione. I ragazzi di oggi non sono né peggiori né migliori di quello che

eravamo noi alla loro età. Eppure c’è un’inquietudine tutta nuova nell’osservare le imprese di questi giovani. E una preoccupazione che si fa terrore, soprattutto se sei genitore. Sarà che quel che ieri avveniva di nascosto, oggi viene regolarmente fotografato, ripreso, registrato e poi divulgato su internet. E la trasgressione, da segreta e privata qual era, si è trasformata oggi in una rappresentazione pubblica. In uno spettacolo buono per divertire gli utenti del web.

Tutto, grazie alla Rete, è diventato più veloce e più globale. E con la velocità è cresciuto anche il bisogno di trovare nuove forme di trasgressione. In questi giorni su Facebook gira un video atroce per violenza e crudeltà: una ragazza, picchiata con furia selvaggia da una compagna di scuola, chiede aiuto mentre viene raggiunta alla testa dai calci della rivale. Tutto quello che si limitano a fare i molti coetanei presenti alla scena, per nulla inteneriti dalle grida disperate della giovane, è riprendere ogni istante con un telefonino. Come fosse il ciak di una fiction.

È questa continua condivisione della realtà, questa rincorsa al “mi piace” di Facebook o Youtube ad alimentare una gara verso un baratro probabilmente più oscuro e misterioso, e per questo inquietante, di quello dove tuffavamo la nostra irrequieta adolescenza.

L’ultima tappa della gara alla trasgressione a tutti i costi l’hanno scoperta i Baschi verdi della guardia di finanza di Como. Che di brutture e tristezze ne incontrano spesso nelle loro inchieste, eppure a certi spettacoli il callo non riusciranno mai a farselo. Lo spettacolo, come sempre, è un video conservato gelosamente sul telefonino di ultima generazione di uno studente. Uno di quelli sorpresi, la scorsa settimana, con la droga nella cartella. Un filmato in cui un diciassettenne accetta di farsi stringere un laccio al collo da un amico, dopo aver fumato marijuana, e poi stramazza al suolo svenuto davanti alla sghignazzante stupidità degli amici. Guardare il filmato è come grattugiare il cuore con la carta vetrata, tanta è la tristezza di quel parco anonimo dove la morte è molto più vicina di quel che si possa pensare.

A differenza dei nostri tempi questa tristezza, questo azzardo, queste follie non sono più una diceria forse esagerata, ma sono video e foto che affollano i telefoni cellulari dei nostri figli. E allora scopri che quel che inquieta di più, forse, non è tanto la bravata del ragazzo, quanto la pervicacia del genitore a tenere gli occhi chiusi. E ignorare un suicidio che si consuma in diretta web.

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