Il voto e le crepe
nel fronte di Renzi

Le molte questioni aperte sul tavolo del governo complicano non poco la strategia della velocità di Matteo Renzi. La legge di stabilità infatti attende ancora il via libero definitivo da parte della commissione Ue.

Il ministro Padoan si aspetta un riconoscimento degli sforzi compiuti dall’Italia, ma resta il fatto che i falchi di Bruxelles lo hanno ancora nel mirino e ciò condiziona un pò tutto. Il premier ha con ogni probabilità ricevuto rassicurazioni da Juncker ma è difficile ignorare che prima o poi sul palcoscenico continentale esploderà la guerra tra rigoristi e fautori dell’ allentamento del fiscal compact: a dirlo sono semplicemente i numeri e le esitazioni della Bce sull’avvio dell’acquisto dei titoli di Stato, l’unico passaggio in grado - secondo i più - di sbloccare la stagnazione europea.

A quell’appuntamento, com’è ovvio, il Rottamatore si dovrà presentare con le carte in regola, con in tasca la riforma del lavoro e dei primi passaggi delle riforme istituzionali. Ora, è questo il terreno sul quale la maggioranza corre i maggiori pericoli. Al di là delle proteste di piazza e dello sciopero generale indetto da Cgil e Uil, a pesare sono le critiche della minoranza dem e le manovre in atto nel centrodestra. I sondaggi parlano di una moderata flessione della popolarità del segretario-premier: niente di preoccupante, secondo i suoi, se non fosse che è imminente il test del voto in Emilia-Romagna, la regione che da sempre è il tradizionale serbatoio del Pd, e in Calabria. Non è in discussione solo il successo ma anche la sua portata. In particolare si tratta di fare i conti con l’effetto-Salvini. Il segretario della Lega marca i confini dello schieramento che ha in mente escludendo ogni tipo di alleanza anche futura con Alfano, l’uomo che ha scelto di governare con la sinistra.

Il Cavaliere avverte aria ostile: e infatti annuncia il suo ritorno nell’arena con un «controprogramma» economico che però non si discosta molto da quello del Carroccio. L’intesa con Fitto ha comportato infatti il via libera ad un profilo più aggressivo di Forza Italia che di fatto rende molto difficile l’idea di poter essere un ponte tra leghisti e Ncd. L’ex frondista azzurro parla della necessità di battersi per rivedere il fiscal compact e il pareggio di bilancio in Costituzione, una battaglia che potrebbe diventare popolare nell’elettorato moderato e mettere in imbarazzo un governo che conosce bene la necessità di ricontrattare i vincoli europei.

In altre parole, Renzi potrebbe avere qualche difficoltà a compattare ancora una volta il blocco sociale che lo ha portato al 40 per cento delle europee se non otterrà risultati di rilievo sul fronte economico. Sullo sfondo si intuisce la partita in atto per dislocare le forze in vista della successione a Napolitano: l’accordo del Nazareno è una base, ma non garantisce in realtà una transizione ordinata a priori. I 5 Stelle hanno intuito che esiste un varco: nel movimento sembra farsi strada l’idea che sia possibile tentare un’intesa a tappe con il Pd una volta che le cosidette «quirinarie» in rete avranno indicato una rosa di possibili candidati al Colle. E’ presto per parlarne, ma questo è uno dei motivi per cui Renzi e Berlusconi non hanno interesse allo scontro all’arma bianca sulla politica economica, a differenza di chi cerca di ritagliarsi uno spazio al tavolo delle trattative

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