Ingiusto deridere
la polizia inquisita

Difficile, tra le bassezze umane, pescare qualcosa di più indigesto di coloro che infieriscono su chi è in difficoltà. Eppure, emuli dell’asino che nella favola di Fedro colpì con un calcio il leone che già languiva a terra, molti comaschi in questi giorni si dilettano ad apostrofare chiunque indossi una divisa investendo se stessi di un ridicolo diritto alla denigrazione prendendo a pretesto l’inchiesta che ha colpito la polizia stradale.

«Chi perde il suo prestigio, anche il più vile si prende gioco della sua caduta» cantava Fedro nella sua favola. E di vili, in questi giorni, gli agenti comaschi ne hanno incontrati anche troppi. Racconta un esponente delle forze di polizie che dopo gli arresti di una decina di giorni fa le pattuglie - polizia, carabinieri o vigili poco importa - raccontano di automobilisti e cittadini pronti a scaricare le proprie frustrazioni accusando gli agenti di essere né più né meno come i colleghi arrestati. Un comportamento che merita almeno tre riflessioni.

La prima: nessuna delle persone coinvolte nell’indagine è ancora stata giudicata colpevole. L’inchiesta - anche se portata avanti, è bene ricordarlo, con professionalità e serietà - non ha comunque partorito sentenze, solo ipotesi di reato. Non si tratta di semantica, ma di sostanza: finora abbiamo ascoltato la voce dell’accusa, ma poco o nulla sappiamo delle eventuali spiegazioni degli indagati.

La seconda, già sottolineata e scritta l’indomani degli arresti: anche qualora le accuse dovessero essere confermate dalle sentenze, l’istituzione polizia - e con lei ci mettiamo pure i carabinieri e la finanza e le polizie locali - è sana e lo dimostra il fatto che l’inchiesta di cui da giorni andiamo narrando è stata condotta proprio da altri poliziotti.

Non fa bene a nessuno non solo infierire sui singoli indagati ora in oggettiva difficoltà, ma neppure prendersela genericamente con chiunque purché indossi un uniforme. Quando si dà del falso, dello scorretto, del prevaricatore a tutti, più nessuno è falso, più nessuno è scorretto, più nessuno è prevaricatore. Lo sport di “tutta l’erba un fascio” è quanto di più stupido e dannoso e vile - appunto - l’animo umano abbia saputo produrre nella storia.

E veniamo alla terza e ultima riflessione, che coinvolge direttamente chi queste inchieste ha l’onere di raccontarle sul giornale. In questi giorni alcuni poliziotti ci hanno criticato - a onor del vero sempre nei limiti di un corretto scambio dialettico, che comunque non guasta mai - per gli articoli scritti sul tema, attribuendo proprio a questi la colpa degli sberleffi riservati agli agenti. Come se il dovere di informare possa essere considerato responsabile dell’istigazione alla stupidità collettiva. Ecco, anche per questo motivo, per evitare di spostare le riflessioni dal nocciolo e dalla sostanza della questione, sarebbe bene non trasformare un fatto di cronaca giudiziaria in un pretesto per prendersela con i poliziotti, con commenti che il più delle volte, se non sempre, servono soltanto per nascondere le proprie colpe.

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