La camera che verrà
e la sfida della vita

Non è politica e non le deve assomigliare. Perché i tempi difficili per le aziende non sono finiti: anzi, è proprio ora che bisogna impegnarsi con maggior vigore affinché le imprese possano sfruttare le timide onde positive e abbandonare la secca.

E la Camera di commercio può farlo, anzi deve. D’accordo, stiamo parlando di quell’ente per cui Renzi non ha simpatia, com’è noto e come traspare dalla battaglia governativa per limitarne entrate e poteri. Ma a Como - come parti anche molto distanti tra loro hanno sempre affermato - non è stato così. Se le ferite durante gli anni della crisi sono state meno drammatiche, è anche perché ci sono state persone che hanno unito i loro sforzi, superando differenze e diffidenze, per elaborare nuove strategie e venire incontro alle aziende.

Non è stato facile e non tutto ha funzionato alla perfezione. Persino un fiore all’occhiello come ComoNext - il Parco tecnologico che oggi ospita le start up come pure società straniere in grado di apprezzare il suo dinamismo - ha le sue spine: vedi il buco legato al Centro per lo sviluppo della realtà virtuale. Questo è uno dei punti su cui bisognerà scegliere la strada migliore.

Adesso si apre una fase determinante: quella che deve aiutare a far fronte alle (si spera) ultime scosse della recessione e a spingere avanti le imprese sulla strada dell’export. Aspettando che il mercato interno dia segnali un po’ più robusti di risveglio rispetto a quelli frammentari percepiti in alcuni settori.

Adesso viene il meglio, e il difficile. È per questo motivo che il cammino verso la nuova guida camerale non è una questione marginale, quasi una vicenda dai sapori politici e lontana dai problemi dei comaschi.

Non lo è perché appunto deve afferrare il filo e saperlo trasformare. È una coincidenza, ma suona quasi come una metafora che il candidato indicato dal gruppo numericamente più forte sia un tessitore, Ambrogio Taborelli. E guarda caso l’altra coalizione aveva puntato sin dall’inizio su un artigiano dello stesso settore, Marco Galimberti.

La Camera di commercio questo dovrà fare: tessere più che mai. Tenere insieme le aziende e il territorio. Supplente anche di quella politica che ama tanto scannarsi (vedi la bagarre ieri al Senato sul Jobs Act), ha una grande occasione oggi più che mai.

La sfida non è quella dei posti in giunta,o in consiglio. La sfida è quella della vita: di restare un territorio competitivo, quello che oltre ai tessuti più belli del mondo arreda i luoghi di ogni Paese e a volte esporta prodotti anche insospettabili.

Dovrà muoversi in questa direzione, quando sarà formato il nuovo esecutivo e dovrà prendere decisioni sempre più vicine alle aziende, scegliendole il più possibile insieme.

Ma in fondo anche questo periodo di nomine e di contatti può essere un banco di prova. Un’opportunità, appunto, per mostrarsi anni luce diversi dalla politica e trovare punti di incontro. Una palestra in vista della gara durissima che attenderà il nuovo consiglio camerale nei prossimi anni.

Se la userà bene, si porterà avanti con il lavoro, per così dire. Altrimenti, rischia di partire, già rallentato. E Como non se lo può permettere.

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