La casa a rischio
e cresce il disagio

Cosa sta accadendo nelle periferie delle grandi città italiane come Milano e Roma? Sono tanti i fattori in gioco, dai problemi di convivenza, all’esasperazione per la crisi che taglia le gambe Ma sullo sfondo si può cogliere un elemento simbolico comune a tutte queste situazioni di tensione. È l’elemento della casa.

È attorno al bisogno di casa o della disperata difesa di quella che è magari il frutto di una vita che esplodono i conflitti, tra rivendicazione di diritti e difesa di una situazione acquisita. Se guardiamo alla nostra storia, la casa è sempre stato l’elemento caratterizzante della via italiana alla crescita e allo sviluppo. Nessun’altra nazione vanta un numero così alto di famiglie che sono proprietarie delle abitazioni in cui vivono: una crescita ininterrotta che in 50 anni ha portato nel 2011 al picco di 70% di famiglie proprietarie delle loro case. Ma da quell’anno non solo il trend ha cessato di crescere ma addirittura ha invertito la direzione: come ha documentato tempo fa un rapporto del Cresme, per la prima volta nel nostro Paese quest’anno diminuiranno i proprietari e aumenteranno gli inquilini in affitto. Uno scenario epocale, lo hanno definito gli estensori di quel rapporto, anche perché non è connesso con un aumento della mobilità per ragioni di lavoro, ma è dovuto solo al fatto che per le nuove generazioni il sogno di farsi una casa è un sogno svanito. La casa insomma da sogno rischia di trasformarsi in incubo. E non solo per chi non ce l’ha. Pochi giorni fa era uscita la notizia di proprietari che scelgono di rendere inabitabili, spesso distruggendo i tetti, case dei loro paesi di origine, pur di non dover più pagare tasse, a partire dall’Imu.

Se il fenomeno dovesse allargarsi aldilà di questi primi casi saliti alla ribalta delle cronache, si può ben immaginare quali ferite si aprirebbero in tanti borghi che fanno la storia e la bellezza diffusa del nostro Paese. D’altra parte il problema per quelle migliaia di proprietari è drammaticamente reale. Un altro rapporto recente ha quantificato l’incredibile zavorra fiscale che pesa sul patrimonio edilizio nel nostro Paese. Secondo la CGIA di Mestre, sul patrimonio complessivo (case, uffici, negozi, capannoni) grava un carico fiscale che nel 2014 raggiungerà i 52,3 miliardi di euro, con un aumento di oltre 2,6 miliardi di euro (+5,4%) sul 2013. A pesare sono i 9,3 miliardi di euro di gettito legati alla redditività degli immobili . Ma peseranno soprattutto gli oltre 31 miliardi di euro riconducibili al possesso degli immobili (imu, imposta di scopo e tari). Senza considerare l’appendice che si è aggiunta, cioè la Tasi, che nel 2014 costerà agli italiani 4,1miliardi. Così è paradossale che proprio l’Italia dei milioni di piccoli proprietari, abbia in Europa il sistema più penalizzante nei loro confronti.

Sono numeri e fenomeni che dovrebbero far riflettere chi ci governa. Rompere quel feeling tra gli italiani e i propri muri, è un fattore rischioso perché destabilizzante a livello di psicologia sociale. Evidentemente non bisogna legittimare con queste dinamiche profonde, gli abusi di chi occupa o di chi calpesta diritti altrui. Tuttavia ci si deve rendere conto che è da irresponsabili continuare con questo approccio punitivo nei confronti del bene che agli italiani sta più a cuore.

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