La grande Brianza? Non funziona
come a Risiko

Che fine farà la provincia di Como? Le ipotesi sul tavolo sono diverse. E del resto i confini amministrativi non sono un dogma. Anzi, senza andare troppo indietro nel tempo, sono stati spesso messi in discussione. Ora si tratta di dare seguito e compimento vero alla riforma avviata dal governo Monti, a suo tempo motivata con la necessità di tagliare i costi della politica. In agenda c’è la cosiddetta perimetrazione dei nuovi enti con la tendenza ad accorpare le province. Ad esempio Como e Lecco, che sono divise da più di vent’anni, potrebbero ritornare assieme non soltanto per le varie funzioni di governo, ma anche a livello istituzionale, con un processo inverso a quello che si era manifestato dopo gli anni del boom economico, quando il Lario è stato suddiviso tra due territori.

L’ultima proposta è del neo-vicepresidente della Regione, Fabrizio Sala, già sindaco di Misinto, già provincia di Milano e ora di Monza e Brianza. Sala ipotizza di unire a Monza i territori del Canturino e del Marianese in virtù delle similarità a livello socio economico, della prevalenza del settore del legno-arredo nello specifico.

La logica è chiara ma non è detto che sia la soluzione migliore. Su questioni come questa è facile cedere alla logica del Risiko, più complesso trovare una soluzione che rispetti l’identità dei territori e che soprattutto sia veramente funzionale alle esigenze delle persone. Accontentare tutti forse sarà impossibile, di certo la strada migliore per provarci non è quella di imporre situazioni studiate da una sola prospettiva (nel caso specifico quella monzese). Non si tratta di complicare le cose creando ulteriori livelli decisionali ma nemmeno si può pensare di piegare la realtà per far sì che quest’ultima si adatti a questo o a un altro modello istituzionale. Semmai, se si può, dovrebbe accadere l’esatto contrario.

Facciamo un po’ di storia. All’epoca della loro istituzione, avvenuta dopo la metà del Settecento, le Province austriache ricalcavano i territori delle Diocesi: il territorio milanese giungeva alle porte di Como e comprendeva Canturino, Erbese e Valassina, la pieve di Appiano e Mozzate.

La geografia attuale del territorio lariano risale all’avvento della Repubblica Cisalpina e all’istituzione del dipartimento del Lario nel 1797.

La Brianza non è mai stata una regione istituzionale, ma la regione geografica posta in collina tra il Seveso e l’Adda. Soltanto con l’istituzione della Provincia di Monza ha acquisito questo ruolo, anche se in un momento del tutto infelice per queste istituzioni.

Ora il richiamo alla cosiddetta Grande Brianza. La proposta è ricca di fascino ma è tutto da dimostrare che Cantù e Mariano o Erba che nell’attuale territorio lariano hanno un peso specifico rilevante andrebbero a contare allo stesso modo nel caso di un’unione con Monza, che ha diverse decine di comuni di pari grandezza o perfino più popolosi, come Lissone, Seregno e Desio.

Senza contare che i nostri tre maggiori comuni ambrosiani, se non si sono mai sentiti comaschi, non hanno nemmeno mai avuto storicamente un rapporto privilegiato con Monza, ma con Milano.

La capitale lombarda è sempre stato il centro di attrazione della Brianza comasca. Come del resto recita l’antico adagio, che tradotto dal dialetto suona così: «Chi gira le spalle a Milano, gira le spalle al pane».

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