La mafia si batte
con mille maestre

Alcune parole magiche fanno audience ma rischiano di sgonfiarsi insieme all’immagine di coloro che le usano, lasciando un vuoto di contenuti.

“Mafia”, “mafie”, “legalità”, magari precedute da un “contro” o da un “per”, piazzato al posto giusto, vanno per la maggiore.

Poi accade che recenti vicende siciliane ci mostrino un arrestato per corruzione ripreso, qualche tempo prima, sullo sfondo dello “sportello legalità” di cui era celebrato promotore.

Si moltiplicano iniziative dai titoli farciti di parole magiche i cui organizzatori e destinatari pensano di sapere o apprendere tutto sull’”antimafia” ma continuano a ignorare tranquillamente come funziona davvero un’indagine o un processo, e che la”mafia” inizia chiedendo un favore obliquo a un “amico” oppure sentendosi respinti dall’incompetenza e dalla scortesia di chi rappresenta lo Stato in un posto di polizia o in un tribunale.

Qualche segno di ravvedimento c’è. Per esempio la parola magica “ecomafie” sta lasciando il passo alla più corretta espressione “criminalità ambientale”.

Si avverte un maggiore desiderio di corretta informazione su giustizia e sicurezza.

Nella nostra realtà un positivo esempio recente è l’iniziativa “Il silenzio degli indifferenti” di qualche giorno fa a Cadorago. Si è parlato con competenza dell’insediamento di alcune realtà criminali nel nostro territorio, con riferimenti non solo a grandi indagini ma anche, e soprattutto, a comportamenti quotidiani. Le parole “mafia” e “legalità” si sono contate sulle dita di una mano. I parlamentari (ben quattro) presenti a Cadorago non sono mai presenti in tv e non sbandierano la loro antimafiosità, che pure praticano nel lavoro al Senato e alla Camera (e, coerentemente, non ne citerò i nomi). Centocinquanta persone attente hanno ascoltano parole concrete e forse ora hanno qualche strumento in più per difendere l’integrità dei loro luoghi.

La genericità nell’uso delle parole è un regalo all’avversario, amplifica la disorganizzazione mentale e materiale di fronte alla “organizzazione” criminale.

“Legalità” sta a contrasto delle organizzazioni mafiose come “dattilografia” sta a informatica.

Il rispetto incondizionato, rigoroso, feroce, delle regole stabilite - di cui la furbizia, l’elusione, l’eterna lamentela e la troppo facile indignazione sono l’opposto - è soltanto la condizione preventiva per impedire che si creino le aree grigie dove attecchisce la criminalità.

Così come essere in grado di scrivere su una tastiera è solo la condizione preventiva per usare gli strumenti informatici.

Il vero atto di coraggio non è usare le parole “legalità” o “mafia”: è invece controllare e se del caso modificare i nostri comportamenti. Osservando con attenzione la realtà che ci circonda, usando con intelligenza e sobrietà le parole.

Perché ha ragione Gesualdo Bufalino, che, da siciliano e da poeta, ha detto: “la mafia sarà vinta da un esercito di maestre elementari”.

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