La politica incapace
si paga a lungo

A leggere certi post pubblicati nelle ultime ore sui social network, si ha come l’impressione che la vicenda del palazzetto dello sport interessi i tifosi della pallacanestro in misura principale se non esclusiva.

Si dice – e non si sbaglia – che non c’è futuro a Cantù per il grande basket in assenza di un impianto moderno e funzionale. Si dice - anche qui senza sbagliare - che questa storia rischia di farci fare una colossale brutta figura in tutta Europa. Molti dimenticano però che la vicenda del palazzetto, con tutto ciò che essa implica, interessa l’intera comunità locale, donne e uomini, giovani e anziani, sportivi e non. Interessa nel senso più specifico del termine perché il conto per gli errori del passato lo stiamo pagando tutti noi. Paghiamo, senza pensarci, ma paghiamo tutti gli anni. Né più, né meno di una tassa. In ogni caso, un danno per tutti.

Decisioni più sagge ci avrebbero magari consentito di usare quelle stesse risorse per sistemare le scuole cittadine oppure per alleggerire la pressione dei tributi locali. Fatto sta che il Comune di Cantù oggi e sino al 2026 deve fare fronte alle rate del mutuo acceso nel 1989 per il Palababele, il piramidone rosso firmato da Vittorio Gregotti.

Continuiamo, in sostanza, a pagare per ciò che è già stato demolito mentre all’orizzonte, ormai da mesi sta configurandosi uno scenario denso di punti interrogativi per il nuovo cantiere di corso Europa.

Verranno conclusi i lavori? In quali tempi? E quante altre risorse finanziarie saranno necessarie per rimettere in carreggiata l’operazione? In questo momento pochi sembrano disposti a scommettere sul buon esito del progetto. Lo stesso sindaco di Cantù, Claudio Bizzozero, ha detto di recente che «la vicenda è iniziata male venticinque anni fa e rischia di finire peggio». Qualcuno evoca la necessità di un piano B ma il buon senso, prima che gli obblighi contrattuali, impone prima di tutto di uscire dal piano A senza le ossa rotte, di sicuro evitando di scaricare sulle prossime generazioni il costo di questo ennesimo fallimento.

Una volta di più questa piccola tragedia amministrativa evidenzia quanto le scelte dei governi locali abbiano concrete ricadute sul futuro. Accade a Cantù ma anche in diverse altre realtà della nostra provincia.

A Como, giusto per fare un esempio, una montagna di quattrini è stata spesa, in tempo di bilanci ricchi, per costose quanto inutili consulenze sulla fattibilità e i costi di un tunnel sublacuale nel primo bacino.

Per non parlare del disastro delle paratie anti-esondazione o del denaro gettato al vento per la variante di Borgovico, una delle opere viabilistiche che qualche anno fa andava per la maggiore nella testa degli amministratori del capoluogo. In qualche piccolo Comune, poi, si rischia oggi il dissesto finanziario a causa di grandi progetti finiti nel nulla.

In caso di palese danno alla cosa pubblica, è vero, gli amministratori possono essere chiamati a mettere mano al portafogli . Ma è una possibilità più teorica che reale. Il più delle volte si ha a che fare con scelte politiche sbagliate ma formalmente corrette, comunque inattaccabili dai magistrati della Corte dei conti. L’antidoto più efficace per limitare i danni forse sta solo in una comunità locale più attenta e consapevole, capace di premiare, con il voto e la collaborazione civica, una classe dirigente più matura e lungimirante.

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