La politica non va più
a nozze con i furbi

Sono tranquillo, non devo tirare fuori niente. Faccio ricorso come hanno fato i consiglieri dell’Emilia Romagna ai quali la Corte dei Conti a sezioni riunite ha dato ragione».

Può essere che, in appello, Stefano Galli riesca a far prevalere le proprie tesi difensive. Di certo la vicenda dell’ex capogruppo della Lega, noto a Como con il nomignolo di Epurator per lo zelo nel “fare piazza pulita” dei dissidenti durante gli anni al vertice del Carroccio, fornisce almeno un paio di insegnamenti. Il primo, guardare con grande prudenza a chi costruisce le proprie fortune politiche su un presunto di più in termini di moralità.

Il rischio, come minimo, è quello di rimediare una pesante delusione. La Lega è oggi un movimento in fase di radicale trasformazione ma come non dimenticare gli anni trascorsi urlando contro “Roma ladrona”? Lo scandalo Belsito-Bossi e poi la rimborsopoli in consiglio regionale (anche se in questo caso il coinvolgimento è di quasi tutti gli eletti, centrosinistra compreso) hanno relegato la Lega, che per anni è stato anche agli occhi degli avversari un partito diverso, a quello di partito uguale a tutti gli altri. Gli osservatori più esperti lo avevano previsto da anni, ma vallo a spiegare ai militanti lumbard che il vento moralizzatore del Nord è cessato tra le macerie degli incarichi ai parenti e dei pranzi a scrocco della Regione. Per quel che riguarda la vicenda delle spese personali rimborsate a Galli, il caso più clamoroso è ovviamente quello dell’ormai famoso pranzo di nozze della figlia messo in conto ai contribuenti: seimila euro che l’ex capogruppo ha già restituito. Un bel gesto, siamo tutti d’accordo. Ma ciò non toglie che la vicenda andrà chiarita davanti alla magistratura penale.

Già perché di Galli e delle spese degli altri consiglieri regionali si sta occupando la procura della repubblica. Il processo a carico di 64 politici (tra i quali anche i comaschi Dario Bianchi, Luca Gaffuri, Giorgio Pozzi e Gianluca Rinaldin) si aprirà a fine mese, l’accusa è di truffa aggravata

Da un paio di mesi è però soprattutto la magistratura contabile a darsi da fare su rimborsopoli. La Corte dei conti ha emesso una dozzina di sentenze nei confronti degli ex consiglieri, tutti sono stati chiamati a rimborsare la Regione per le spese sostenute. Ristoranti, alberghi, qualcuno la bolletta del telefono: spese che i giudici hanno considerato non congrue.

Il solo Galli è stato oggetto di quattro distinte sentenze, chiamato in causa per i propri conti ma anche per quelli dei suoi consiglieri in virtù del suo incarico di capogruppo. L’ultima, alcuni giorni fa, riguarda i rimborsi chiesti e ottenuti da Ugo Parolo, politico di Colico, chiamato a restituire alla Regione 15. 500 euro, più i costi della giustizia, dei 17.800 che si è fatto rimborsare tra il marzo 2010 e il maggio 2012. Ora, si tratta di sentenze non definitive, ma l’implacabile puntualità della Corte dei conti su questa vicenda conforta perché dà concretezza al banalissimo ma fondamentale principio che chi sbaglia ripara il danno provocato alla comunità, innanzi tutto con il portafogli.

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