Le aziende in piazza
Lezione ai partiti
Le aziende in piazza
lezione ai partiti

Il tassista romano scruta e commenta: «Siete troppo buoni, troppo».

I piccoli imprenditori accorsi carichi dei loro problemi ma anche di speranza, si stupiscono. Perché a loro pare di aver compiuto un gesto, non cattivo certo, però estremamente coraggioso.

Hanno vinto prima di tutto se stessi, una ritrosia storica, che fa parte della loro cultura. Dentro, tutti in azienda: i problemi si risolvono lì. Oppure dai clienti, per convincerli, per studiare insieme il prodotto, per vederli soddisfatti e quindi candidati a un prossimo ordine.

Nel mondo che si colora sempre più di virtuale, tant’è che l’Italia sembra capace di protestare solo così, ieri tanti artigiani e commercianti comaschi hanno animato una piazza reale. Colorata, indiavolata, capace di infuriarsi alla vista di un ex ministro e di gridare a più riprese: vieni qui, Matteo, parti da qui.

È il monito che si rivolge a tutto il Governo che nascerà, al Parlamento perennemente in altre faccende affaccendato: cominciate dalle piccole aziende che stanno morendo. E se vengono cancellate, se scompaiono una dopo l’altra, se ne va il Paese. Si dissolvono anche gli stipendi di una classe politica che sembra incapace di cogliere la realtà, immersa in un doppio virtuale: la battaglia a colpi di tweet e i discorsi vuoti e ritriti nelle non troppo segrete stanze dei bottoni.

La distanza è scarsa, tra piazza del Popolo e quelle stanze. Ci vuole proprio pochissimo a colmarla, prima di tutto ad ascoltare tante voci, molte drammatiche, come quando si sono raccontate le storie di chi, vedendo fallire la propria impresa e non sapendo più come pagare i debiti, si è tolto la vita. O gli interventi dei giovani, che vogliono combattere e si trovavano in massa ieri a Roma, ma gli adulti li guardano con il senso di colpa di chi ha preparato il mondo prima di loro.

Hanno seminato nei capannoni, nei negozi, credendo che i sacrifici sarebbero stati per forza di cose ripagati. Ci hanno insegnato così, ci hanno persuasi che il merito servisse a qualcosa. Non si aspettavano, le generazioni che ora sono vicine a passare il testimone, di assistere alla vittoria di mostri come la burocrazia sui valori.

Questa mattina le aziende chiuse per protesta - perché volevano essere solidali fino in fondo o troppo piccole per poter garantire una normale attività con via il titolare - riapriranno e i problemi non saranno affatto spariti.

Forse potevano essere più cattivi, i piccoli, come i romani li incitavano qua e là ieri. Ma si sono misurati con se stessi: sanno che devono sempre costruire il loro futuro in fabbrica, in bottega, che la crisi si può affrontare solo così, si sono però scoperti capaci pure di alzare la voce.

Sono tornati più forti di tutti, però, perché si sono mostrati differenti dai partiti: ogni associazione ha portato la sua storia in piazza unendola a quella delle altre, senza smarrirla.

Le identità ieri erano ben presenti, e non solo nei colori delle bandiere. Ma la voce era una sola. Imparasse questo, la politica che continua a scannarsi, potrebbe già fare un passo avanti. A patto di apprendere in fretta la seconda lezione: ascoltare chi lavora ogni giorno (e le paga lo stipendio) e stare meno rinchiusa nelle stanze.

© RIPRODUZIONE RISERVATA