Le piccole cose
che servono a Como

L’erba del vicino è sempre più verde. A Como non bisogna sforzarsi più di tanto per dare attuazione al detto popolare, visto che in città è quasi tutto secco.

E se non ci fosse da ridere verrebbe da pensare che il Comune abbia deciso di puntare sulle nature morte: da piazza Volta al centro storico, persino in piazza Cavour, le piante lanciano un Sos. Non proprio stradine secondarie e inaccessibili.

E allora va bene pensare in grande, sognare e cercare di costruire pezzo dopo pezzo il puzzle per cercare di aggiudicarsi il titolo di “capitale italiana della cultura”, ma questo non esime l’amministrazione dall’occuparsi delle piccole cose. Anzi. Che senso avrebbe essere la capitale culturale, che rimanda subito all’idea di bellezza, se nelle foto scattate dai visitatori compaiono, qua e là, così tante brutture?

Non si possono tralasciare i dettagli. Quelli che fanno la differenza in una città che vuole essere turistica. E per trovare esempi virtuosi non serve andare dall’altro capo del mondo o in città come Londra, Amsterdam o Bruxelles, basta andare a Cernobbio, Tremezzo, Menaggio, Bellagio, solo per citarne alcuni.

I comaschi stanno già da anni pagando un prezzo altissimo: il lungolago nascosto dietro una grata da qualcosa come otto anni. E anche per questo il Comune dovrebbe avere ancora più attenzione per tutto il resto: dai cestini (nonostante il nuovo appalto dei rifiuti ce ne sono di innumerevoli tipologie e, in diversi casi, sono rotti) alle aiuole, dalle buche nelle strade alle fioriere. Altrimenti verrebbe da chiedersi come mai si debba pagare la Tasi: tassa sui servizi indivisibili. Una città senza buche e con il verde in ordine rientra a tutti gli effetti nell’imposta. A chi non usufruisce di altri servizi (nidi, sociale, ecc) non si può certo dire che paga la Tasi per avere la carta di identità. Una volta ogni dieci anni. I comaschi hanno bisogno delle piccole cose. E, a giudicare dalle richieste che arrivano dai, cittadini, le priorità sono proprio queste. La nostra rubrica “Si può fare”, uno spazio aperto alle segnalazioni dei cittadini, ha riscosso molta attenzione tra i lettori, desiderosi di vivere in una città più bella.

L’assessore al Verde Daniela Gerosa dopo aver visto le cartoline da Como che abbiamo pubblicato sull’edizione di lunedì, interviene dicendo, senza girarci attorno o accampare giustificazioni, che così le cose non funzionano. «I cittadini hanno ragione» le sue parole. E ancora: «Como e i suoi cittadini, certamente, non si meritano questa brutta immagine». Su questo, siamo tutti d’accordo.

Che fare, allora? Lo stesso assessore parla di «ripetuti solleciti e richieste di intervento» e dice di aver «risollecitato il dirigente del settore Parchi e Giardini ad incontrare l’impresa che ha in appalto il servizio di manutenzione e mi auguro che l’incontro sia fissato quanto prima». Benissimo. Speriamo però che arrivino i fatti. E presto. E che chi ha sbagliato sia richiamato alle sue responsabilità. Colpa del dirigente? Intervenga l’assessore o il segretario generale. Colpa delle imprese a cui è stato affidato l’appalto (non più come in passato, con il global service, ma con tanti singoli incarichi a seconda del servizio)? Intervenga il dirigente e faccia in modo che i contratti vengano rispettati.

Insomma, chi può e chi deve faccia qualcosa. «Como e i suoi cittadini non si meritano questa brutta immagine». Non possiamo che sottoscriverlo. E saremo ben felici di poter pubblicare nuove cartoline della città. Questa volta fiorita. Più dell’erba del vicino.

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