L’esercito veneto
e i veri problemi

Cari cittadini veneti, sono stato contattato dalle forze dell’ordine che mi hanno comunicato il divieto di manifestare in Piazza San Marco… in caso di manifestazione non autorizzata saranno tenuti a reprimerla, anche con la violenza». Gianluca Busato, il promotore del referendum per l’indipendenza del Veneto, scandisce frasi da stato d’assedio – «in questo momento di grave attacco da parte dello stato italiano verso lo straordinario processo democratico…» – che a sentirle c’è da credere di essere sull’orlo della guerra civile.

Poi ti sfreghi gli occhi e ti ricordi che, fortunatamente, è pur sempre il Veneto: non la Crimea. Non è la guerra civile, è solo l’eterna commedia dell’arte dell’indipendentismo veneto e del gendarme venuto da Roma.

Ne hanno arrestati ventiquattro. Terrorismo, tentata secessione, e chissà cosa. «Iniziative anche violente», dice un’inchiesta che dura da due anni, per ottenere l’indipendenza del Veneto. Pure un carrarmato hanno sequestrato (ma “artigianale”: andrà a pedali?) e pure armi, forse dall’Albania (fucili a piombini?). In manette sono finiti il fondatore della Liga Veneta, Franco Rocchetta, e anche due ex Serenissimi, quelli che assaltarono il campanile di San Marco nel 1997, con il “tanko” della Veneta Serenissima Armata, e finirono tutti in galera: mica è un reato d’opinione, quello, come tenere occupato da due anni il teatro Valle di Roma… Venetisti, secessionisti e terroristi. Gente da far paura di certo, peggio dell’Ira e dell’Eta. Gente che si faceva intercettare a dire bestiate così: «Bisogna far saltar le banche… Una piccola parte di carabinieri o della polizia starà dalla parte degli insorti».

Dopo la spettacolare retata che ha sgominato la minacciosa Banda del buco veneta –i cittadini del resto del Paese possono dormire tranquilli: il flusso del gettito Irpef dell’ex Locomotiva d’Italia non cesserà – sono state tante le voci, non sono legate all’indipendentismo o alla Lega, a protestare. A partire dal governatore Luca Zaia: «Non ci fanno pensare a un brodo primordiale terroristico». Un altro noto esponente politico veneto, e di area moderata, come Diego Bottacin (Scelta Civica) ha detto che «la causa dell’indipendentismo veneto non poteva trovare miglior alleato della magistratura di Brescia». Matteo Renzi «sta sereno», e ti pareva, ma a ben guardare ci sono un paio di cose che non tornano, e non lasciano per niente sereni in questa storia bislacca. Primo, la sproporzione tra l’operazione di polizia eclatante e la reale consistenza della minaccia. Dall’altra parte del Nord, nella Val di Susa piemontese, da anni i No Tav e gli anarchici di mezza Europa ammassano arsenali, teorizzano e praticano la guerriglie e il sabotaggio, colpiscono e scappano nei boschi. Ma retate di polizia, ma strilli di magistrati contro la minaccia terroristica non se ne sono visti.

L’altra questione è la più seria: tutti i sondaggi dicono che se in Veneto si tenesse davvero un referendum sulla secessione, andrebbe molto vicino a vincere. La crisi morde le tasche e le imprese, l’incazzatura “antinazionale” e antifiscale è diffusa equamente tra imprenditori, politici, intellettuali e gente comune. I Veneti sono stufi marci: che facciamo, li arrestiamo tutti?

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