L’idea di Tosi
e l’errore della Lega

L’idea di Flavio Tosi, sindaco di Verona, di candidarsi alle primarie del centrodestra per fargli cambiare marcia è una buona idea. Bossi sbaglia a bocciarla, a ironizzare su Tosi, a dirgli che, se la pensa così, si consideri pure fuori della Lega.

Sbaglia perché Tosi vede lontano. E probabilmente bene. Vede oltre Berlusconi e il berlusconismo, Bossi e il bossismo, perfino Maroni e il maronismo. Tosi vede per conto e nell’interesse d’una ipotetica, e tuttavia pragmatica, Lega.3 che deve coltivare la vocazione d’andare oltre la Lega.1 e la Lega.2 in una prospettiva d’indispensabile ammodernamento. La confortante esperienza elettorale di Tosi, che alle ultime comunali vinse con i voti della Lega ma soprattutto con i voti extra Lega, dovrebbe suggerire prudenza a chi come Bossi lo censura. E suggerire qualche parola a chi come Maroni tace. E incitare a darsi una mossa quanti, sulla sponda moderata, stanno immobili ad aspettare che il Cavaliere decida sempre lui. Che decida tutto. Che decida di non decidere.

Tosi ha capito che bisogna agire su un fronte come Renzi sta agendo su un altro. Non tanto rottamare, quanto innovare. Se si trova la forza (un minimo di forza) per innovare, la debolezza dei rottamandi si accantona da sè, senza bisogno d’impancarsi a rottamatori. Da non accantonare è il dato di fondo indiscutibile: questo è un Paese conservatore, che rifiuta svolte audaci, predilige la medietà, non aborre le riforme, ma le accetta solo se a proporle è chi non sia un riformista ideologico. Meglio se un amministratore pratico. Un sindaco, tanto per chiarire.

Di gente così. nel centrodestra ce n’è poca. Ce n’è di più nel centrosinistra. E si tratta d’una ragione valida per non accantonare risorse altrimenti non recuperabili con facilità. Perciò obiettare a Tosi, svilire il suo proposito di creare una fondazione che persegua il fine d’uscire dagli schemi ed entrare nel realismo, è un pregiudizio dannoso. Una permalosità avventata. Un egoismo superficiale. Significa mettere le convenienze personali davanti alla prospettiva d’insieme, chiudendone l’apertura sino a renderla cieca.

L’errore, se si persisterà nell’errore, lo commette la Lega e lo commettono i suoi alleati. I suoi alleati perché illusi che o un dopoberlusconismo non verrà (miracolosamente) mai o, se verrà, potrà essere (cocciutamente) solo un similberlusconismo; e la Lega perché convinta che all’epoca del cerchio magico possa succedere solo quella del post cerchio magico, e non invece un’epoca che si disfi d’entrambe le precedenti e guardi lontano anziché guardarsi intorno.

Tosi propone un orizzonte ambizioso: dimostrare che la leadership d’un largo fronte politico può nascere non dal carisma d’una personalità eccezionale, e invece dalla spinta d’una base ecezionalmente motivata da esigenze pratiche, concrete, quotidiane. Una strategia che, grazie alla trasversalità sociale del messaggio lanciato, sembra costruita apposta per sottrarre consensi al probabile concorrente Renzi, oltre che a conquistarne di propri. Ma proprio per questo viene giudicata forse (di sicuro?) così pericolosamente vincente da meritarsi un’aprioristica perdita di sostegno, secondo la regola che chi offre il meglio non può che aspettarsi il peggio.

© RIPRODUZIONE RISERVATA