Paratie, la città
ha diritto di sapere

Ci fosse stato un don Rodrigo munito di un paio di bravi a cui dare l’incarico di fermare sul lungolago Fulvio don Abbondio Caradonna ammonendolo: questo progetto non s’ha da fare, ora non saremmo certo qui a guardare angosciati dentro un pozzo senza fondo chiamato paratie. Chissà quanti, con il senno di poi, sarebbero pronti a schierarsi oggi con quella minoranza - di cui faceva parte l’attuale sindaco, Mario Lucini - che all’epoca si oppose con forza e criticò il progetto approvato dalla giunta Bruni. Ma la macchina del tempo, ancora, è soltanto un’idea avveniristica. Ragion per cui l’intera città deve fare i conti con un’eredità angosciante e cercare una soluzione che non aggiunga altri danni e errori a quelli già compiuti. Rileggiamo: ragion per cui L’INTERA CITTÀ deve fare i conti con...

In questi giorni il nostro quotidiano è stato impegnato ad aggiornare la situazione di un cantiere che (visto il dissanguamento sul fronte dei conti) somiglia più al Dracula di Bram Stoker che a un sistema di protezione della città dalle acque del lago. E lo ha fatto trovandosi di fronte a un nuovo muro - certo meno ingombrante di quello scoperto da Innocente Proverbio nel 2009 - messo su dalla macchina comunale di fronte alla richiesta di dati aggiornati sul progetto paratie. Un muro che infrange quell’esigenza di trasparenza che dovrebbe accompagnare ogni passo di una pubblica amministrazione.

Un retroscena può spiegare meglio di ogni volo pindarico questo concetto. Nei giorni scorsi da queste colonne avevamo dato conto della notizia che Sacaim aveva presentato nuove riserve al Comune. Le riserve, tanto per intenderci, sono lo strumento con cui l’esecutore dei lavori formalizza le sue richieste al committente, a fronte di nuovi e non concordati oneri che ritiene di aver dovuto sostenere. In sostanza è un conto che rischia di pesare sulle casse comunali. Per due giorni abbiamo chiesto invano di conoscere l’entità di quelle riserve: «Non è il momento». Ieri Michele Sada - potete leggere la sua cronaca a pagina 16 - saputa la cifra ha chiamato il sindaco Lucini per una conferma ufficiale. Qualche ora dopo, per anticipare una notizia che tutta la città avrebbe letto sul giornale, il primo cittadino ha finalmente ufficializzato quel dato (negato a un paio di consiglieri che ne avevano fatto formale richiesta) in apertura del consiglio comunale.

Quando era a capo dell’opposizione l’attuale sindaco non perdeva giustamente occasione per pretendere trasparenza e chiarezza dall’allora amministrazione. Trasparenza che ora la città, costretta a convivere da oltre cinque anni con lo sfregio di quel cantiere infinito, merita di avere. L’intero fascicolo delle paratie dev’essere un libro aperto. I conti comunicati in tempo reale ai comaschi. Ogni aumento spiegato nel dettaglio. In un momento in cui la fiducia degli italiani nei confronti dei propri governanti è ai minimi storici, dal dopoguerra in poi, trasformare i palazzi del potere in palazzi di vetro non è solo un dovere previsto dalla legge, ma sarebbe anche una mossa astuta. Un dato su tutti la città merita di comprendere: il motivo per cui un appalto da poco più di 11 milioni di euro sia arrivato a costarne 31 milioni con la spada di damocle di ulteriori 11 reclamati ora dall’azienda.

Certo, se Caradonna fosse stato don Abbondio forse non saremmo a questo punto. Ma ci siamo. Per cui, in attesa di sapere dalla corte dei Conti se e chi dobbiamo ringraziare per questo prosciugamento di risorse, sarebbe auspicabile che Lucini e la sua giunta condividessero con i comaschi ogni virgola, ogni conto, ogni decisione. Senza aspettare l’ennesimo battibecco con i cronisti.

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