Pedalare a Como
può far bene al turismo

L’esperienza del passato non aiuta. Nella nostra città le piste ciclabili sono poche e tristanzuole, talvolta palesemente inutili, quasi sempre poco frequentate.

Fortuna, per i ciclisti, che saggi amministratori in un passato non più recente ebbero la determinazione di pedonalizzare il centro storico e realizzare la passeggiata di Villa Olmo. Non vi fossero state queste due iniziative, spazi veri per spostarsi in bici all’interno della convalle, non ce ne sarebbero stati punto. Si tira avanti, in sostanza, solo grazie alla lungimiranza del passato, mentre hanno non a caso destato grande perplessità i provvedimenti più recenti, quelli realizzati negli ultimi quindici anni. In questo arco di tempo si è fatto poco e male. Prova ne è il viavai ai minimi termini, ancora oggi, in via Gallio e ancora di più in via Gramsci lungo il marciapiede accanto alla sede della Questura.

Del tutto comprensibile che con interventi del genere alle spalle, nei comaschi scatti oggi un’ostilità profonda al solo pronunciare la parola pista ciclabile. Quest’ultima viene considerata il più delle volte in malo modo. Per taluni si tratta di una forzatura ambientalista. Altri la considerano un di più, una sorta di orpello quando ci sarebbe da affrontare interventi di ben altra priorità come ad esempio la sistemazione delle strade (nel senso della pavimentazione a pezzi). In ogni caso è opinione diffusa, specie tra i commercianti, che ogni nuovo progetto in questa materia sia inevitabilmente un danno per la città perché si accompagna quasi sempre alla contestuale soppressione di un certo numero di posti auto. Una considerazione legittima, tutto sommato non campata per aria e che, negli ultimi giorni, si sente tornare in auge di fronte alle nuove iniziative annunciate dal Comune (l’obiettivo è la creazione di una rete ciclabile cittadina lunga 32 chilometri e per raggiungerlo verranno sacrificati circa 100 posti a raso).

Ma se i parcheggi, soprattutto in una città come la nostra, sono un bene prezioso e da maneggiare con estrema delicatezza, sarebbe come minimo miope limitare il dibattito sul tema della ciclabilità agli spazi blu di questa o quella via. La bicicletta, così ci insegnano le città europee dove più alta è la qualità della vita, è un vettore non marginale nel governo della mobilità e non c’è ragione che lo stesso non posso accadere anche qui, nonostante gli oggettivi ostacoli di natura orografica e tra questi vi è certo la pendenza che separa il centro dai quartieri periferici. Non solo, il tema della ciclabilità, anche nel progetto illustrato nei giorni scorsi dall’assessore Gerosa, è sempre più associato a quello del turismo. L’intervento comasco non cade dal cielo qui per una pura casualità ma si incastona su un progetto di carattere internazionale e l’ambizione è quella di intercettare parte dei flussi di persone che decidono di spostarsi in bici per le vacanze. Un grande investimento sulle piste ciclabili può essere un’occasione di trasformazione della città ma anche un’opportunità di crescita sul fronte dell’accoglienza.

L’importante è dare seguito a progetti capaci di raccogliere e interpretare le esigenze dei cittadini. Così facendo non mancherà la possibilità di coinvolgere i comaschi e magari di convincere la maggior parte di loro che la bici può essere un buon affare per tutti. Guai invece, anche solo a pensare che sia opportuno intervenire giusto perché sono stati ottenuti cospicui finanziamenti pubblici. Su questo fronte, con l’incubo lungolago, abbiamo già dato.

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