Peggio di sprecare
è far finta di nulla

Se il sonno della ragione genera mostri, pure quello della Regione non scherza. Il gioco di parole calza perfettamente con la realtà di questi giorni, che svela e riconferma allo stesso tempo come chi governa la Lombardia - ma il discorso si può tranquillamente estendere alle diciannove consorelle - viva in un mondo parallelo e ovattato, un luogo virtuale che ha perso ogni contatto con la realtà, incapace di valutare le necessità dai cotillion, le emergenze dagli sprechi. C’è voluto l’intervento a piè pari della magistratura - con qualche decennio di ritardo, a dire il vero - per svelare l’universo di prebende, rimborsi spese o incarichi professionali affidati in spregio dei principi di buona amministrazione: competenza, professionalità, utilità, sostenibilità economica. Per non parlare di quanto riservato a parenti, amici e raccomandati. Se questo sia dovuto a colpa, negligenza o dolo sarà la magistratura a stabilirlo, senza fare di tutta l’erba un fascio e distinguendo le responsabilità. Che sono diverse tra chi ha magari scaricato sulla Regione il banchetto di nozze della figlia da chi ha incautamente autorizzato spese di altri.

Fatta salva la presunzione di innocenza e in attesa di sentenze o patteggiamenti, proviamo a mettere in fila una serie di fatti di questi ultimi giorni. Primo: il governo Renzi presenta la legge di stabilità che scarica molti oneri sulle Regioni. Seguono le proteste e i piagnistei da Bolzano a Palermo, passando per il nuovo grattacielo miliardario della Lombardia, migliaia di metri quadri in cristallo affacciati sullo skyline di Milano, e passando pure per quelle regioni che hanno più forestali che abitanti o che hanno nutrito per anni gente tipo “er Batman” Fiorito. Secondo: ieri a Como l’assessore alla Sanità della Lombardia Mantovani ribadisce che non ci sono i soldi per la cittadella sanitaria nell’ex Sant’Anna. Colpa? Ovviamente della renziana legge di stabilità «che ci ha tolto 970 milioni di euro» e vai di piagnisteo tipo poveri noi, povero lui e povero anche il cavallo. Terzo, all’ex consigliere regionale comasco Gianluca Rinaldin (Forza Italia) la procura contesta una consulenza da cinquemila euro - durata, un mese - affidata all’allora sindaco di Argegno e compagno di partito Francesco Dotti «per servizi in materia di comunicazione». Dotti, allora non lo sapeva, oggi è diventato lui consigliere regionale, sotto la bandiera dei Fratelli d’Italia. Ai tempi faceva il sindaco e seguiva la sua impresa di tinteggiature. Persona rispettabilissima, ma il cui profilo professionale mal si concilia con un incarico “in materia di comunicazione", a spese del contribuente per di più. Come ha dichiarato Dotti al nostro giornale, «Io mantenevo i rapporti con i sindaci in Valle (Intelvi) e sul lago, fra le associazioni». Incontri dispendiosi, se in un mese sono serviti cinquemila euro. Trentacinquemila euro invece quelli destinati a un ex dipendente della Prefettura per uno studio sull’“effetto dell’immigrazione sul mercato del lavoro” in provincia di Como, affidatogli da Luca Gaffuri (Pd) sulla base di non si sa bene quali competenze, e finito pure questo tra le contestazioni dei giudici.

Poca roba, si dirà, rispetto ai milioni gettati da Pirellone&Co negli anni celesti, tipo l’enorme e deserta sede della Regione a Como in via Benzi, giusto per fare un esempio vicino a noi. Ma l'oceano è fatto di gocce, ci dicevano una volta genitori e nonni, quando ci insegnavano che sprecare è peccato e ci davano il buon esempio. Ora, sprecare soldi pubblici non solo è peccato ma è anche reato. Tagliare servizi indispensabili come sanità, scuola o assistenza lasciando sprechi e privilegi e senza nemmeno assumersene la responsabilità è ancora peggio: è vergognoso.

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