Per fare un’impresa
ci vuole il cuore

Per fare un tavolo ci vuole il legno, per fare il legno ci vuole un albero e per fare un albero ci vuole un fiore…

Semplice e meravigliosa poesia di Gianni Rodari, cantata da Sergio Endrigo. Con lo stesso candore e con assonante semplicità possiamo chiederci che cosa ci vuole per fare un’impresa, che cosa è un’azienda, chi è un imprenditore. “La Provincia” prova a spiegarlo con la “Festa dell’Economia” stasera in Camera di commercio. Da sempre in Italia tanti vogliono fare la festa alle imprese. Qui invece vogliamo celebrarle. Dare loro il giusto merito. Sottolineare il valore economico e anche sociale delle imprese. Ed ecco perché le vogliamo premiare.

Due le valutazioni alla base dell’iniziativa. La prima è che nel nostro territorio ci sono autentiche eccellenze di livello nazionale e internazionale. La capacità, l’impegno e l’intelligenza dei nostri imprenditori sono l’energia che muove la nostra società e che fa grande questa comunità. La seconda è che i tempi sono davvero maturi perché si affermi esplicitamente che le imprese sono elementi positivi, svolgono funzioni economiche e sociali, e che pertanto è ora che si consolidi e trovi un giusto inquadramento la cultura dell’impresa.

Questo nuovo atteggiamento può maturare anche per le nuove relazioni sindacali instaurate ormai da anni, queste hanno visto la nostra provincia nel ruolo di capofila di un avanzato modello nazionale con merito di imprenditori e sindacati.

La buona impresa fa bene a tutti. Se guardiamo i vari paesi del mondo osserviamo che quelli dove si sta meglio, dove c’è un benessere diffuso, sono proprio quelli dove il sistema economico è ben sviluppato e favorito da un contesto politico, sociale e culturale positivo. L’impresa non è solo i suoi numeri. Non è solo il suo bilancio. Per quanto una guida capace ed esperta come il professor Angelo Palma sa dare poesia ai documenti contabili e fargli raccontare quanto di concreto e di buono fa un’azienda. L’impresa deve produrre ricchezza. Elemento indispensabile per la sua sopravvivenza e perché possa distribuirla. Se un’azienda fa profitto tanti ne traggono beneficio. L’impresa è anche i suoi dipendenti e le loro famiglie. Anche i fornitori e le loro famiglie. E anche i suoi vicini. I suoi clienti. Insomma, un mondo di relazioni.

Si smetta dunque di vedere l’impresa come un nemico da combattere, come un elemento fastidioso che, se non lo si può allontanare, al più lo si può solo sopportare. Dentro un sistema di regole – e chi fa qualcosa, qualunque cosa, sa quante sono le norme da rispettare – e all’interno di un corretto rapporto di rispetto reciproco l’azienda va considerata come un protagonista positivo della comunità. E allo stesso modo l’imprenditore. Molti lo hanno già fatto, anche nel mondo della politica. Ma chi non lo ha fatto ancora, faccia uno sforzo ed esca dalle categorie novecentesche dell’imprenditore cattivo, schiavista, sfruttatore, inquinatore ed evasore. Si abbia l’onestà di riconoscere che chi fa impresa oggi è un eroe sociale.

Già e torniamo così alla filastrocca di Rodari. Per fare un’impresa non bastano i soldi. Non sono sufficienti neanche le idee. Ci vogliono. Certo. Non sono tutto. Per fare un’impresa ci vuole anche coraggio. E ci vuole cuore.

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