Per Natale raddoppia
“L’Ordine” grandi firme

Mentre ci sono scuole in cui il Natale non si celebra più, noi rinnoviamo quella che ormai sta diventando una tradizione: dedicare a questa festa un numero monografico, e doppio, de “L’Ordine”. Lo troverete in edicola domani, per il sesto anno consecutivo. Perché omettere il Natale è come chiudere tra due parentesi la nascita. E allora che si vive a fare? Solo per produrre e comperare?

Anche a queste domande, come alla scelta di quei dirigenti o insegnanti che hanno deciso di silenziare il Natale, troverete risposte autorevoli sul nostro supplemento domenicale, date, come sempre, da persone di differente estrazione culturale, accomunate dalla qualità che più di ogni altra ci sta a cuore nelle scelte editoriali, la competenza. A spiegare il Natale ai nostri figli, a prescindere dalla provenienza dei genitori e dalla religione che professino (o non professino affatto), ci pensa un pedagogista del calibro di Raffaele Mantegazza: «Il Natale - rimarca - non è proprietà di nessuno, e non è nemico di nessuno. È una festa religiosa e va presentata nelle scuole come altre feste religiose; non ha senso parlare del Natale e non del Ramadan o della festa degli Alberi, ed è decisamente vile non parlare di nessuna di queste feste per non far torto a nessuno. E del resto, se non si racconta il Natale e a partire da esso non si parla della vita e della morte del personaggio chiamato Gesù, nella sua dimensione storica e culturale, come si pensa di poter spiegare Giotto, o Gozzano, o Bach?».

Sugli aspetti consumistici, che a volte sembrano aver inaridito lo spirito del Natale (e, soprattutto, il nostro), troverete due interessanti riflessioni. La prima di un economista liberale come Carlo Lottieri, che smentisce i colleghi secondo cui il Natale sarebbe antieconomico per il presunto spreco di “regali non desiderati”: e dove lo mettiamo il valore del dono, la volontarietà e gratuità del gesto? La seconda di un massmediologo ed esperto di comunicazione, Luca Toselli, che va a riscoprire il cuore che batte, in sintonia con quello dei bambini di tutto il mondo, sotto l’abito rosso Coca-Cola di Babbo Natale: sì, perché se il colore è quello della bevanda che lo ha utilizzato per una campagna pubblicitaria furba e di successo, la storia del personaggio è antica e preziosa. Lo stesso colore rosso, purtroppo, caratterizzò un altro Natale, quello “di sangue” che segnò la Germania cento anni fa, rivisitato per noi da Mattia Mantovani, perché è uno dei tanti episodi del “secolo breve” da cui possiamo/dobbiamo imparare ad essere migliori.

Non mancherà nemmeno quest’anno una firma che ha caratterizzato anche i cinque numeri natalizi precedenti: quella di Gianfranco Ravasi, cardinale e sommo biblista, che ci accompagna tra le pagine e i simboli delle sacre scritture non solo con la cultura e la saggezza del Virgilio dantesco, ma anche con l’illuminazione spirituale che l’Alighieri attribuisce a Beatrice. Questa volta Ravasi si sofferma sul censimento «di tutta la terra» ordinato da Cesare Augusto nei giorni in cui nacque il Figlio di Dio, sul valore simbolico di un provvedimento che mette la sua venuta al mondo subito in relazione con l’impero, anche se storicamente, leggerete nell’articolo, sia il censimento sia la nascita di Gesù avvennero in anni diversi rispetto a quelli, per l’appunto simbolici, trasmessi. Il Cristo, per la precisione, sarebbe nato 6/7 anni prima... di se stesso.

Non sono questi “dettagli” a togliere significato o credibilità all’avvenimento che si celebra a Natale, fondamentale per la Cristianità, né all’importanza e influenza culturale che ha assunto la festa in sé, anche per i non cristiani. Flaminia Cruciani, archeologa e poetessa, ci riporta alle origini di questa celebrazione, alla prima messa di Natale officiata in Roma nel 326 d.C., approfondendo affinità e differenze che il rito ha assunto rispetto alla precedenti celebrazioni pagane del Dio Sole. Due poeti-scrittori-docenti, ci invitano a riscoprire i Natali letterari, l’uno (Mario Santagostini) rileggendo Manzoni, l’altro (Flavio Santi) facendo una scorpacciata di gialli. Alberto Rovi ci guida tra le chiese della Diocesi di Como e Sondrio (nonché quelle del Canton Ticino che pure un tempo ne facevano parte) alla ricerca delle scene più interessanti per approfondire il tema della natività. Chi scrive ne ha scelta, invece, una in particolare, quella dell’eremo di San Donato sopra Como, che nonostante sia secolarizzato da oltre 240 anni, la notte di Natale diventa meta di un pellegrinaggio attraverso i boschi, cui persino persone non credenti partecipano alla ricerca del senso profondo della nascita e dell’esistere. A trovare questo significato ci aiutano anche due prediche/racconti di sacerdoti illuminati, affezionati ai nostri territori e anche all’Ordine, come lo sono stati Camillo De Piaz e Primo Mazzolari, di cui vi riproponiamo testi attualissimi. Il Natale è un’occasione straordinaria per cercare verità, autenticità e umanità dentro e attorno a noi, nelle piccole cose. Quindi, buon Natale a tutti, con questa filastrocca di Gianni Rodari (oltre che con la copertina disegnata come sempre per noi da Giuliano Collina e che sarà una sorpresa): «S’io fossi il mago di Natale / farei spuntare un albero di Natale / in ogni casa, in ogni appartamento / dalle piastrelle del pavimento, / ma non l’alberello finto, / di plastica, dipinto / che vendono adesso all’Upim: / un vero abete, un pino di montagna, / con un po’ di vento vero / impigliato tra i rami, / che mandi profumo di resina / in tutte le camere, / e sui rami i magici frutti: regali per tutti».

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