Perché il campus
può essere una risorsa

sarà un investimento positivo se con il campus Como non resterà una città universitaria di passaggio, un ramo staccato, ma avrà gli strumenti per trattenere giovani, docenti e ricercatori».

A dirlo è Roberto Danese, docente a Urbino, città universitaria italiana per eccellenza. Quasi un’enclave, un mondo meraviglioso, almeno visto dagli studenti che lì vivono e studiano come Alice nel paese delle meraviglie. Ma Alice potrebbe anche decidere di comperare la sua seconda casa a Como e venire a vivere la sua vita di studentessa sul Lario. Anche Como, avesse un campus, potrebbe attrarla e come lei attrarre il mondo di chi studia.

Per la verità il mondo viene già a studiare in città, ma con tante difficoltà e non solo, anzi quasi per nulla, dovute al sistema universitario in sè, vale a dire didattico. Da quel lato, quello didattico e di ricerca, Como può anche vantarsi di avere fior di docenti, di corsi e di ricercatori che da e a Como se ne vanno nel mondo e dal mondo arrivano.

Le difficoltà della Como universitaria che sogna un campus sono quelle di “contorno”, ma vitali. Tradotto, ciò significa che a Como, arrivasse davvero il campus per cui si sta tanto lottando in vista della scadenza dell’11 novembre per la presentazione del progetto, dovrebbero arrivare tutte le strutture che servono agli studenti.

Non cose astruse, non altri corsi super specializzati, piuttosto ristoranti, bar, eventi, occasioni di incontro per gli studenti che la sera vogliono ascoltare musica o confrontarsi in posti accoglienti e che permettano loro di aprirsi alla città e viceversa. Ciò che ancora manca a Como e si deve assolutamente trovare affinchè il campus, se e quando ci sarà, non sia una cattedrale solitaria è il tessuto attorno è, proprio quello che dice il professor Danese da Urbino «meno negozi di moda e più pizzerie al taglio» perché gli studenti non hanno tanti soldi ma un mucchio di voglia di trovarsi insieme e mangiarsi un pezzo di pizza, ma insieme e a pochi euro. Ma non è solo questione di pizzerie e di agevolare i pizzaioli, il campus e la città universitaria, dice ancora il prof trasforma la città stessa e ne riequilibra l’indotto.

Qui sta la frase magica, riequilibrare l’indotto che potrebbe, esempi reali alla mano far bilanciare i comparti socio-economici della città e creare nuove occasioni di lavoro. Non sarebbe male, no?

Certo, non tutto sarebbe meraviglioso, chiedetelo agli anziani di Urbino che vogliono dormire alle 21, o a chi sceglie la cittadina per la sua meravigliosa posizione isolata, e ricca d’arte come poche altre, che vorrebbe starsene nei propri appartamenti meravigliosi, con vista sui colli, ad ascoltare gli uccellini e invece si trova con la musica ad alto volume degli studenti in festa fino a mattino.

Ma detto ciò, queste persone se ne fanno una ragione perché il guadagno che gli studenti portano alla città è molto di più del disagio sopportato.

Certo, bisogna che i comaschi accettino di avere gli studenti in festa e orde di parenti in giro per il centro il giorno delle lauree.

Pensare che Como possa subito dire sì a tutto ciò è difficile, visto che ogni estate chi suona in piazza ha le sue difficoltà a non farsi cacciare appena scocca la mezzanotte... Ma il momento è storico. Bianconiglio ha già in mano l’orologio che fa tic tac verso l’11 novembre e grida «È tardi, è tardi», non per il progetto, visto che gli ingegneri del Politecnico solo qualche giorno fa hanno detto di essere a buon punto, ma è tardi per ripensarci, per fortuna. Como non ci ripensi. Quando ci ricapita di avere Alice con tutti i suoi amici?

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