Renzi e la sfida
per l’Italia e l’Europa

Matteo Renzi pensa che l’Italia abbia bisogno di una nuova narrazione del’Europa e di se stessa. Ed è quella che ha tentato di esporre nel doppio intervento in Parlamento alla vigilia del Consiglio europeo.

Un appuntamento al quale il nostro Paese, ha spiegato il Rottamatore, non si presenterà da ripetente ma con in tasca un forte pacchetto di riforme e l’ambizione di aprire un ciclo di crescita dell’eurozona a partire dal 1 luglio quando scatterà il semestre di presidenza italiana della Ue. Per essere convincente Renzi punta sulla concretezza e sul rispetto dei tempi del suo cronoprogramma (i cui primi risultati si dovrebbero vedere appunto entro quella data). Ma non si risparmia le battute a doppio taglio come quella sul tetto «oggettivamente anacronistico» del 3 per cento del rapporto deficit-pil. Un modo per dire che l’Italia lo rispetterà e allo stesso tempo lavorerà per metterlo in discussione, magari a partire proprio dal Consiglio europeo.

Il premier, in altri termini, appare ansioso di abbattere la filosofia del rigore, compattando sulle sue posizioni una sorta di asse del centro-sud (Francia, Spagna e Italia). Il piano è quello di costringere anche la Germania a prendere atto che i tempi sono cambiati e che serve una revisione del fiscal compact perché il motore dell’Europa si è fermato.

Del resto quando dice che la questione europea è una questione politica e non burocratica, il Rottamatore muove una critica implicita ad Angela Merkel che evidentemente, a suo avviso, non si è resa conto della necessità che siano i capi di governo a riprendere in mano le redini del processo di sviluppo e di fuoriuscita dalla recessione, rottamando tabelline e numeretti. Significativo, in tal senso, l’omaggio a Lula, il presidente del Brasile che ha portato 30 milioni di persone fuori dalla povertà, e anche il parallelo indiretto della spending review di Cottarelli con gli schemi di Bruxelles: i tecnici forniscono i numeri ma «su cosa tagliare decidiamo noi» sottolinea Renzi nella veste del buon padre di famiglia.

Difficile dire se il Consiglio europeo, che dovrà occuparsi della crisi ucraina avrà davvero la forza di aprire anche questo spinoso capitolo di politica economica interna. Ma Renzi può contare su un aiuto importante: i sondaggi che segnalano la crescita dell’area dell’ euroscetticismo e del no-euro. Le imminenti elezioni europee rischiano di trasformarsi in una drammatica sconfessione da parte degli elettori della strategia dell’austerity e della «p olitica che non ha saputo fare il proprio mestiere» Questa per Renzi è la «vera sfida» che sta di fronte alle classi dirigenti europee.

Naturalmente «tutto si tiene» Le parole hanno bisogno dei fatti. Contro la spending review sono partite le bordate del sindacato (Susanna Camusso vi scorge «la vecchia logica dei tagli lineari» ma anche della sinistra critica (Vendola parla di un «piano Grecia» e di Forza Italia che critica il «m etodo ignobile» dei tagli alle pensioni (Renato Brunetta).

Attacchi che allarmano l’esecutivo che, con il sottosegretario Graziano Delrio, fa sapere che «le bozze sono bozze» La vera preoccupazione del premier resta comunque la concorrenza dei «populismi» di Lega e Movimento 5 Stelle che minacciano di saldarsi nel voto.

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