Se la Sicilia combatte
le mafie più di noi

Fermare il voto di scambio e ripartire dalle scuole. Bello sapere che il viceprocuratore nazionale antimafia, Anna Canepa, in visita a Como suggerisce strade indicate anche dal nostro giornale.

Sarà stata anche l’occasione, una «lezione di legalità» ai ragazzi delle superiori, ma la via dell’educazione a una forma di Stato moderno e pulito è quella maestra anche per chi dedica la vita alla cosiddetta soluzione militare del problema delle mafie. Non basta e non è possibile delegare tutto a magistratura e polizia, serve anche formare una cultura, una mentalità trasparente. Se ai ragazzi la Canepa dice di non finanziare la malavita comprando spinelli o giocando d’azzardo, alla classe dirigente lariana più che suggerimenti lancia moniti, inevitabilmente severi. Darà fastidio a quanto resta dell’orgoglio settentrionale, ma la numero due genovese dell’Antimafia con il suo intervento ha spiegato chiaramente che i cittadini onesti di Palermo sono molto più attenti di tanti, fra noi, a non contaminarsi con atteggiamenti ambigui.

In Sicilia non ci sono mezze misure, si sta da una parte o dall’altra e certamente non esiste indulgenza né alibi dell’opinione pubblica nei confronti dell’uomo politico che va a negoziare pacchetti di voti con gente chiaramente discutibile, a prescindere da quanto sia pulita la sua fedina penale o dalle sentenze passate o meno in giudicato.

Le inchieste entrate in queste settimane nella fase nevralgica degli arresti dimostrano purtroppo che la mercificazione del consenso è stato un atteggiamento diffuso tra esponenti di partiti sempre meno popolari e sempre più “liquidi” anche a Como. Un’infiltrazione di voti corrotti a tutti i livelli, dal piccolo Comune alla Provincia, al collegio elettorale per la Regione. Gente eletta con l’aiuto talvolta decisivo della malavita, alla quale prima o poi la malavita evidentemente chiede di onorare cambiali. Qualcuno degli eletti lo sapeva benissimo e meriterebbe la galera senza se e senza ma. Altri forse hanno pensato di poter “governare” le pressioni entro la fascia torbida delle mezze verità e delle mezze ipocrisie.

Invece non ci può essere alcuna terra di mezzo, come si dice in questi giorni. Chi raccoglie i voti dei pregiudicati deve essere cacciato a calci da tutti gli scranni della pubblica amministrazione. Anche perché, racconta il magistrato, da queste parti la criminalità organizzata non si raccorda con il potere costituito attraverso violenza o affiliazioni, ma con il potere dei soldi. Con la corruzione, in pratica, con le stesse mazzette di banconote che parte della classe dirigente è disposta ad accettare se proviene da colletti bianche e imprese. Con questa forma mentis, gli ‘ndranghetisti vanno a nozze e questo spiega probabilmente la formidabile capacità di penetrazione mostrata dalla criminalità organizzata in questi decenni. Purtroppo o per fortuna, lo scarto rispetto al passato non deve toccare soltanto agli amministratori pubblici, ma anche alla società civile, a tutti noi. Anna Canepa si è detta sorpresa del livello di omertà raggiunto fra chi è stato avvicinato dalla malavita organizzata. Il silenzio dei negozianti a cui è saltata una vetrina o degli imprenditori che hanno accettato “protezione è il sintomo di una “diversità” che non c’è più. La malattia l’abbiamo presa, ora bisogna sviluppare gli anticorpi. Cominciando dalle scuole e dalle urne elettorali. n

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