Se piove sulla nostra arroganza siamo salvi

Sarà capitato anche a voi di avere una musica in testa. Sì, proprio un’orchestra. La sentiamo tutti i giorni dalla tv e dalla radio, spesso anche sui giornali. Un coro di personaggi che si spacciano per esperti ma che a sentirli parlare subito si capisce che non sanno cosa stanno commentando o giudicando. L’ultimo motivetto ci ha tenuto impegnati nelle ultime tre settimane: lo smog.

L’inquinamento delle città è diventato il primo argomento dei notiziari. E fin qui va bene. Poi il precipizio. Salutisti, naturisti, pneumologi, camici bianchi sparsi, ambientalisti della domenica, verdi di ogni colore e politici avvelenati. Tutti

inviperiti e coalizzati contro chi governa il Paese, le Regioni di centro o di destra o di sinistra, le città con sindaco o commissario fa lo stesso. Da Nord a Sud amministratori sbertucciati come incapaci o, peggio, additati come spietati assassini dei poveri cittadini asfissiati e indifesi.

Le polemiche politiche hanno assunto toni da commedia all’italiana. Una gara a chi la sparava più grossa. Senza ridere. Quasi da piangere. Possibile che non riusciamo mai ad affrontare seriamente un problema, anche grave, senza buttarla sempre nella peggiore partigianeria? Perché dobbiamo fare la figura di un paese di eterni pulcinella, incapaci di uno scatto di competenza e di serietà? Come mai si lanciano tanto sterili quanto velenose accuse basate soltanto su pregiudizi, luoghi comuni e spesso semplici opinioni da bar (con tutto il rispetto di chi discute al bar)? E l’informazione che dà fiato alle trombe e ai tromboni con il risultato di contribuire ad aumentare la confusione e l’inquinamento delle menti degli italiani. E c’è chi ha persino paura di uscire di casa.

In tv e sui giornali, per la verità, sono stati riportati anche dati affidabili, studi attendibili, esperti veri. Questi sottolineavano come la causa di tutta questa emergenza era semplice e di una evidenza lampante: non pioveva da due mesi. E poi aggiungevano che dagli anni Ottanta e dal Duemila in poi la qualità dell’aria che si respira nelle nostre città - tutte - è nettamente migliorata. Allora il superamento dei limiti dello smog avveniva regolarmente anche per oltre duecento giorni all’anno (non cinquanta come ora) e per quattro volte la soglia d’allarme. Poi le normative hanno imposto miglioramenti tecnologici, l’evoluzione dei motori dei veicoli, il passaggio via via al metano per il riscaldamento delle abitazioni, tanti pannelli fotovoltaici e altri accorgimenti hanno contribuito a ridurre in modo significativo l’inquinamento.

Queste posizioni sono state ignorate e il dibattito nazionale si è concentrato sull’emergenza smog come se fossimo sull’orlo di una catastrofe, quasi tutti morti o giù di lì. Tanto che alcuni sindaci hanno imposto le targhe alterne o il blocco totale della circolazione e il ministro dell’Ambiente ha tenuto un vertice con i governatori delle Regioni proponendo, tra l’altro, di ridurre nelle città la velocità delle auto a 30 km all’ora. Da automobilista, pensando a certe code che si fanno qui negli orari di punta, verrebbe da dire: magari, signor ministro, magari si andasse a 30 all’ora.

Superati i due mesi di siccità ieri è arrivata la pioggia, in alcuni punti anche la neve. E c’è da giurare che lo smog sparirà dal nostro orizzonte e dai titoli dei tg. E già ora di pensare a qualche altra emergenza. Di avviare nuove polemiche e versare veleni su altri argomenti. Non mancano. Un’altra musica risuonerà in testa.

Eppure sarebbe bello se ci fermassimo a pensare che in fondo piove sulla nostra arroganza. Di uomini superbi e prepotenti. Ci crediamo capaci di tutto. Vorremmo i prodotti bio, l’aria pulita, le macchine veloci, le città perfette, la forma da palestrati per sempre, l’immunità da ogni malattia, una pozione magica che ci preservi da ogni disagio e da ogni male, un elisir di eternità. Il tutto con le nostre forze. Puntando solo sulle nostre capacità. Scaviamo negli oceani e voliamo nelle missioni spaziali, poi il cielo si chiude e non piove. Bastano due mesi di siccità e ci spaventiamo di tutto e ci accapigliamo e starnazziamo, galline di un pollaio globale. Polli veri noi.

Un bel gesto sarebbe capire che in questa, come in tante altre situazioni, viene dimostrata tutta la nostra debolezza. Il nostro destino è legato a qualcosa e a qualcuno. Dipendiamo dall’Altro. Dall’Alto. In fondo è davvero un bene.

Se le nostre sorti dipendessero esclusivamente da noi uomini forse non esisteremmo più da un pezzo. Per fortuna la nostra ostinata volontà di onnipotenza ha limiti evidenti e solo riconoscendoli possiamo vivere meglio. Torniamo piccoli, abbandoniamo la superbia e facciamoci come bambini. Allora tutto è possibile. Riconoscere il nostro limite apre possibilità illimitate.

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