Se questo giornale
può fare primavera

Non una semplice rassegna, ma un piccolo, quanto incoraggiante, segnale di cambiamento. Sono le “Primavere di Como”, giunte alla quarta edizione, e quest’anno più che mai volte a interpretare e comprendere le sfide che attendono ciascuno di noi per andare oltre la crisi e vivere al meglio questi tempi di grandi cambiamenti.

Significativo il sottotitolo: “Non temete”. Ma significativo, soprattutto, il fatto che lo sforzo organizzativo, compiuto da “La Provincia”, abbia raccolto ancora una volta il sostegno di associazioni e imprese lariane, che hanno visto in questa iniziativa un’occasione di crescita perla città, e una pioggia di prenotazioni da parte dei comaschi, non appena è stato reso noto il calendario degli incontri.

Se, nel 1961, Hannah Arendt scriveva, nel saggio “La crisi della cultura”, che «la società di massa non vuole cultura, ma svago», oggi, dopo oltre mezzo secolo di “caduta libera”, o quasi, si comincia a capire che per uscire dalla crisi bisogna ripartire proprio dalla cultura. Una cultura che esce dai libri, dalle accademie e dai convegni specialistici per tornare a incontrare la gente, a mettere in moto riflessioni da cui scaturiscono idee nuove, a permeare e valorizzare i luoghi che ci circondano.

Non a caso per i sei incontri delle “Primavere di Como” edizione 2014 sono stati scelti ancora una volta spazi fortemente simbolici della città: il Teatro Sociale, che con la gestione dinamica di Barbara Minghetti e le tante iniziative trasversali promosse in occasione del bicentenario, si conferma sempre più come “casa dell’arte, del pensiero e del confronto”; l’Università dell’Insubria, formidabile trait d’union tra il passato di Como - rappresentato dallo splendido chiostro di Sant’Abbondio recuperato con grande impegno come sede universitaria - e il suo futuro, di cui gli studenti che frequentano i corsi sono l’incarnazione; Palazzo Terragni - scelto per l’unico incontra di cui deve essere ancora fissata la data, quello con l’archistar Daniel Libeskind - capolavoro razionalista che molti vorrebbero aprire permanentemente alla città e ai visitatori di ogni latitudine.

Se i temi (l’invito a non avere paura applicato alla politica, alla religione, alle differenze) e i relatori (il filosofo Silvano Petrosino, che stasera inaugura il ciclo; il giornalista e storico Paolo Mieli; l’attrice, e in questo caso testimone di fede, Claudia Koll; il cardinale Wilfrid Napier, arcivescovo a Durban in Sud Africa; il già citato Libeskind) garantiscono un richiamo forte sulle migliaia di comaschi che, negli ultimi anni, hanno seguito con passione non soltanto le”Primavere”, ma anche le altre rassegne culturali che stanno fiorendo in città, da ParoLario” al “Festival della luce” passando per il “Lake Como film festival”, una piacevole, e non scontata, sorpresa arriva dai più giovani.

Qualcuno li dava per “distratti”, notando che spesso l’età media del pubblico degli incontri culturali è piuttosto elevata, e invece stanno rispondendo con entusiasmo alla proposta delle “Primavere pop”, serie di quattro conferenze, parallele a quelle “senior”, rivolte agli studenti delle scuole superiori e delle università, ospitate dal Natta Cafè. Anche questo è un fatto significativo: viene premiata un’iniziativa che ristabilisce il dialogo intergenerazionale di cui Umberto Galimberti denunciava la scomparsa in un saggio piuttosto disperante di qualche anno fa, “L’ospite inquietante. Il nichilismo e i giovani”. Forse possiamo smettere di temere il fallimento della società e ricominciare a sperare.

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