Sulla casa a Como
basta scherzi

Sì, certo, è solo un obiettivo, non si trova dietro l’angolo (l’impegno è per il prossimo anno) e non è certo che il governo ce la farà. Ma al netto dell’opinione che ognuno di noi ha di Renzi e dei suoi ministri, viene da chiedersi in quale modo si sarebbe potuto ignorare ancora il tema del carico fiscale sugli immobili, sulla casa in particolare. Siamo un popolo di piccoli proprietari e in provincia di Como lo siamo ancora di più rispetto al resto d’Italia. Una circostanza che negli ultimi anni ha fatto sorridere soprattutto lo Stato: nel giro di tre anni è stato calcolato che l’aumento delle tasse sulla casa, per l’effetto combinato di Tasi e Imu, è stato pari al 177%. Un’enormità. Dal 2011 al 2014 gli italiani hanno dovuto sborsare 16 miliardi di euro in più a titolo di tasse sulle abitazioni di proprietà: dai 9 miliardi di euro pagati nel 2011, le famiglie sono arrivate a versarne in totale 25 miliardi nel 2014.

Le tasse locali, che quasi ovunque gli amministratori comunali sono stati costretti a portare ai livelli massimi, hanno letteralmente svuotato le tasche dei piccoli proprietari. In proporzione, il conto è stato infatti più salato per le abitazioni di valore medio basso.

Il meccanismo ha avuto effetti negativi su vari fronti. L’effetto più elementare è stato il generale impoverimento delle famiglie che, grazie alle tasse, sono state costrette a dare una sforbiciata ai consumi. Non c’è famiglia italiana, negli ultimi anni, che, ovviamente in misura diversa, non sia stata costretta a rivedere al ribasso il proprio budget mensile. Le vacanze si sono accorciate, il tempo libero è diventato più spartano, molti hanno dovuto fare sacrifici più dolorosi magari riducendo le spese per il supermercato. Ma il fisco sulle abitazioni ha avuto anche altri effetti negativi quali, ad esempio, il calo del valore degli immobili e quello delle stesse compravendite ora in ripresa, è vero, ma dopo anni durissimi con il mercato pressoché fermo.

L’annuncio di Renzi ha dato un grande scossone alla politica nazionale e quest’ultima si è subito divisa in due grandi aree. I disillusi a oltranza, quelli che non ci credono e considerano l’uscita del premier pura propaganda. E gli ottimisti per partito preso, sicuri che tempo dodici mesi e, come d’incanto, ci saranno le condizioni per un radicale taglio al prelievo fiscale. Forse la realtà sta nel mezzo. Di certo, l’espressione “tasse sulla casa” in Italia ha storicamente fatto rima con emergenza. La stessa Ici, era il 1992, nacque in un frangente drammatico (per i conti pubblici) e fu introdotta da Giuliano Amato a titolo di imposta “straordinaria”. In realtà le cose sono andate diversamente tanto è vero che l’Ici, riveduta e corretta, ci ha accompagnato fino a quattro anni fa quando è morta ed è risorta con un nuovo nome.

Nel mezzo, tutti lo ricordano, il provvedimento di Berlusconi che nel 2008, tornò al governo e cancello il prelievo sulla prima casa. Un’illusione, durata il tempo di una stagione perché poi è stato solo un crescendo di legnate. La più forte lo scorso anno quando è arrivata la la Tasi che, insieme alla onnipresente Imu, ha creato una giungla di aliquote e combinazioni che ha mandato in tilt anche i commercialisti più ferrati.

Ora tocca a Renzi. È bastato il suo intervento all’assemblea del Pd per accendere la speranza. Sarà la volta buona? Di sicuro, fino al prossimo anno, non si parlerà d’altro. La sfida, va da sé, è impegnativa e non mancheranno i colpi di scena.

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