Svizzera: una partita
ma non una guerra

Non è una chiamata alle armi da parte della neutrale Svizzera. Ma suona come un rilancio nella quasi eterna partita sul fronte dell’imprenditoria.

Quando il sindaco Moreno Colombo spiega come intenda radunare le aziende interessate a varcare il confine, c’è un aspetto che impressiona. Come si mette in gioco Chiasso, calando la squadra in campo per convincere le imprese italiane a traslocare.

Di primo acchito potrebbe apparire in effetti un piccolo esercito. Tuttavia le armi in pugno sono quelle collaudate dagli svizzeri: la serietà e la precisione. Ecco che si chiamano avvocati, notai, fiduciari, associazioni per coprire ogni settore, ogni domanda, ogni dubbio.

Tanto di cappello, se la vediamo appunto come una partita. Dove prima di entrare in azione, bisogna studiare l’avversario. Termine, quest’ultimo, un po’ bizzarro se consideriamo che lo stesso rapporto sull’economia elaborato dalla Camera di commercio di Como definisce la terra elvetica come uno dei salvagenti per i nostri conti, visto che attira 59mila frontalieri, di cui il 40% proviene da Como.

Ma c’è anche l’altro volto della Svizzera, la sirena che chiama le imprese migliori (lo sottolinea bene Colombo, della serie astenersi perditempo) e può farlo con tutto il suo fascino. Nei giorni scorsi abbiamo confrontato le due economie in questa fase storica, dati alla mano, e il nostro Paese ne esce in apparenza con le ossa rotte.

Irrigidito in regole che non sono più al passo con i tempi e che spesso si sottraggono anche all’umana comprensione, sfibrato da tasse che cambiano volto ma assicurano sempre la fregatura dietro l’angolo: il match sembra chiuso prima di cominciare.

Ma non è così, e ce lo gridano diversi aspetti. Uno è quello suggerito dalle cronache di questi giorni. Siamo, restiamo i più creativi, quelli corteggiati dal mondo. E guarda caso, se il Distretto serico lariano ha visto crescere il fatturato nonostante la contrazione dei volumi, lo deve anche alla Svizzera. Che è uno dei mercati esteri in crescita, insieme alla Francia e al Giappone.

Ieri all’inaugurazione di Milano Unica, ad esempio, ha brillato l’esperienza di Comon, progetto di Unindustria che ha coinvolto le università, gli istituti, i giovani e si è ispirata al mondo, anche in vista di Expo.

Proprio Comon rivela un’arma nell’arma: non solo abbiamo questa creatività straordinaria, ma siamo capaci di confrontarci con il pianeta. Sappiamo ispirarci e ispirare, costruire progetti che abbattono le barriere, inventare nuove strade, nuovi modi di affrontare i mercati. Partendo anche dai giovani, che sono la speranza.

Il match non è finito, ma continua, con alterni risultati. Certo, nessuno deve sottovalutare questa pacifica chiamata alle armi di Chiasso (e pure Lugano si sta muovendo), perché gli imprenditori tentati di andarsene crescono, come denunciato dalla stessa Unindustria.

Ma questo deve solo spronare a rilanciare ulteriormente la sfida, trovando nuove formule e collaborando con l’avversario. Perché in fondo siamo anche complementari. E soprattutto, dal rivale (a maggior ragione quando è tanto vicino) si può, o si deve, copiare il meglio per batterlo.

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