Un uomo al limite
Ha bisogno di aiuto

Se esistesse una valle del tempo, Goethe, uomo universale, avrebbe probabilmente incontrato il suo inquieto connazionale Michael Schumacher, sportivo universale. Mossi entrambi dalla curiosità (se non la missione, con un volo dell’anima) di affacciarsi ai confini del mondo, non paghi della sua finitezza.

Il mito di Faust si perpetua perché appartiene alla natura umana. E mai come in questi tempi in cui tutto è (quasi) possibile ma l’abuso del progresso e del benessere globalizza prepotenze e squilibri, mettendo a dura prova, quando non deridendolo come fuori moda, il valore dell’umiltà, mai come in questi tempi si insegue il modello del superuomo, l’adrenalina a fiumi, il piacere supremo, l’eccellenza del rischio. Per lasciare un segno forte, visibile, soprattutto mediatico. Per essere sopra tutti (meglio ancora se sopra tutto)..

Non c’è nulla di male a voler sorprendere. È il sale della vita, è la benzina delle emozioni. Ma vuoi mettere – pensa e vive il supereroe – sorprendere esagerando? A Schumacher basta la Formula 1 a consegnarlo alla storia. Il pilota più titolato. Il pilota dei record. È il supercampione dei motori. Forse che il mondo non si accontenterebbe di applaudirlo, ammirarlo e invidiarlo così? Forse no, se il mondo poi legge e ascolta che Schumi non è sceso dal bolide della vita, ma corre ancora sul filo del limite, con lo sguardo oltre, gettandosi con il paracadute, rombando in moto, sciando fuori pista, arrampicando. Non per soldi, ma perché lui vive per la sfida. E senza la sfida, i suoi giorni non hanno senso.

Poi una roccia interrompe il film. Non sanno ancora dirci se la pellicola verrà salvata o è irreparabile. Sappiamo che il mondo è sgomento e forse coglie solo adesso l’umanità del suo eroe. In un lampo il fiume di adrenalina ha lasciato il suo corso a una processione di visite, testimonianze, messaggi di affetto vero. Nel momento dell’ansia e del dolore, scopriamo la tenerezza del campione, il suo infinito amore per la vita che, a ruote ferme, rivela quel suo stesso sollecitarla comunque e dovunque.

Forza Michael, ragazzo di 44 anni, cuore impavido che hai cancellato un po’ di grigio da tante nostre domeniche. Controsterza prima del buio. Se potessimo sognare per te riaccenderemmo il motore della cinepresa immaginandoti il Roy Hobbs del volante. Tu come Robert Redford («Il migliore», 1984) che rispunta dal silenzio e vince la finale di baseball.

Schumacher un finale (sportivo) da pioggia di stelle come quello di Hobbs l’aveva anche cercato. Nel 2010, guarito dalle lesioni riportate dopo una brutta caduta in moto l’anno prima a Cartagena, era tornato alle gare guidando una Mercedes. Purtroppo quel cinema era finito. La realtà è spietata: Schumi non era più all’altezza del suo passato. Ma la lezione delle sue imprese già sgommava sotto il piede dei suoi giovani successori. Schumacher maestro è più vicino del superuomo. È il brivido, ma anche la conoscenza e la preparazione, il talento e lo sviluppo della tecnica, la consapevolezza del limite. Non c’è anima per il diavolo, anche Faust alla fine si redime. Coraggio, studio, tenacia, amore. E la forza di sorridere, nonostante tutto: vi sembrano armi da poco per affrontare anche il più sporco giorno? Di là c’è un uomo che in questo momento ha bisogno di una preghiera.

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