Gli assegni trovati in armeria
Chiarito il mistero

Gli assegni, per un importo complessivo di 400mila euro, risultano emessi, a beneficio di Brambilla, da una banca della provincia di Monza in cui lui riversava gli introiti di parte delle nove stazioni di servizio di cui era titolare

COMO - Sarebbe stata definitivamente chiarita la provenienza degli assegni circolari trovati nell'armeria di Alberto Arrighi dopo l'omicidio di Giacomo Brambilla, 42 anni, il piccolo imprenditore ucciso a colpi di pistola e decapitato in via Garibaldi esattamente due settimane fa.
Gli assegni, per un importo complessivo di 400mila euro (sei da 50mila e uno da 100mila), risultano emessi, a beneficio di Giacomo, da una banca della provincia di Monza in cui lui riversava gli introiti di parte delle nove stazioni di servizio di cui era titolare, tra Como, il Varesotto e, appunto, la Brianza monzese. Il cospicuo prelievo, effettuato pochi giorni prima del delitto, si colloca probabilmente nel contesto della causa intentata da Shell per ottenere la nullità del contratto con la snc Brambilla.
È plausibile ritenere che, prosciugando i suoi conti, Giacomo abbia semplicemente cercato di tutelarsi dal rischio di sequestri o di azioni legali mirate. Non è peraltro escluso che dalla stessa fonte provenga anche il denaro contante che, dopo l'omicidio, Arrighi e suo suocero avevano trasferito alla pizzeria di Senna Comasco. Si trattava, come noto, di centomila euro suddivisi in banconote di grande, medio e piccolo taglio: 29 da cinquecento, otto da duecento, quattro da cento, 97 da cinquanta euro. In tutto questo, il contenzioso tra Brambilla e la Shell deve avere senz'altro pesato.

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