Sentieri da riscoprire
L'epopea del contrabbando

I ruderi sopra al Bisbino: dall'ex caserma diroccata del Bugone a quella dei Murelli, ora diventata rifugio. Una camminata nella memoria prima che lo Stato le metta all'asta

COMO - «I veri sentieri dei contrabbandieri li ha cancellati il bosco dopo quarant'anni...». Parola del "sindaco" di Madrona, nonché leggenda del contrabbando, Ennio Verga.
Però se si conoscono certe storie, o se si ha la guida giusta, anche la classica ascesa domenicale al Bisbino e il trekking sulla conosciutissima «Via dei monti lariani» si trasformano in un'esperienza nuova, in un itinerario quasi magico. Lungo la carrozzabile, per i più pigri che non se la sentono di salire a piedi da Cernobbio, si incontra, per esempio, «Il baitone». È in questa casetta a 900 metri di altitudine che vive il 76enne Verga. E che è ambientata una parte del romanzo e del film ("Sul confine") dedicati alla sua storia e a quella degli spalloni.

«Ennio è il sindaco di Madrona - racconta l'autore, Alberto Anzani - perché ogni anno, davanti alla sua baita, organizza le elezioni. L'urna è un water e sono invitati a votare anche i gitanti. Così riesce a raccogliere fino a duecento preferenze». Alla curva prima del «Baitone» di Verga si rischia di essere bloccati da un gregge di pecore. Sono quelle del Paulat, proprietario della cascina affacciata sulla strada. Anche questa è un luogo cinematografico. «Qui abbiamo ambientato il deposito di sigarette da cui partono i contrabbandieri - racconta Anzani -. In realtà si trovava nella Valle di Muggio, in Svizzera. Ma molti luoghi sono cambiati da allora e li abbiamo dovuti ricreare altrove». A marcare la differenza tra ieri e oggi sono soprattutto le caserme della Guardia di finanza sparpagliate sul Bisbino, oramai tutte dismesse. Quella di Piazzola, che non è sulla strada di Madrona, bensì su quella che da Cernobbio sale a Piazza Santo Stefano e arriva a un altro luogo magico e super panoramico, la Croce dell'Uomo, è già stata messa all'asta dal demanio, per 194mila euro, ma non ha trovato un compratore.

Altre due scandiscono il nostro itinerario e rientrano nell'elenco dei "beni disponibili", e potenzialmente alienabili, allegato al recente decreto sul federalismo fiscale: quella della Brigata Bugone, in territorio di Moltrasio e segnalata da un cartello che ne indica il «pericolo di crollo», è stata valutata 67mila euro; quella dei Murelli, che territorialmente appartiene a Carate Urio ed è gestita come rifugio dal Cai di Moltrasio, 135 mila. Di qui è passata la storia e l'eterna sfida tra contrabbandieri e finanzieri che ha caratterizzato la prima metà del '900 fino agli anni Sessanta. Lasciamo la macchina su una piazzola nei pressi della Ca' Bossi, istituto dei Padri Somaschi, e inoltrandoci per un sentiero preceduto da una serie di cartelli indicatori, in una ventina di minuti raggiungiamo il Bugone. Davanti al rifugio-ristorante un gigantesco faggio pluricentenario, sotto le cui fronde sono passati i contrabbandieri, nonostante il fatto che a poche decine di metri sorgesse la caserma, ora diroccata, delle Fiamme gialle. Avevano corrotto un finanziere, come racconta Anzani nel suo libro e nel suo film, per guadagnare una discesa più sicura e veloce verso il lago.

I Murelli, cui si arriva dopo un'oretta (se non ci si perde: a un certo punto scompare l'indicazione, ma è sufficiente seguire quella per il rifugio Binate), conservano l'impronta originaria della caserma. «Infatti abbiamo ambientato qui la scena delle turiste olandesi, che ballano insieme con gli spalloni e finanzieri - dice Anzani -. In realtà di era svolta ai Murelli, ma lì adesso è agibile solo il rifugio, che ha molto del ristorante e niente della caserma». La precarietà di quest'ultima, ha spinto le autorità ad affiggere sul vicino rifugio una lapide in ricordo del finanziere Salvatore Corrias, giusto tra le nazioni per aver aiutato molti ebrei a passare in Svizzera. Tra quelli che hanno scritto a Yad Vashem, il museo dell'Olocausto, per perorare la causa dei finanzieri del Bisbino, anche Anna Sacerdoti. Come racconta nell'intervista a lato, il primo tentativo di fuggire oltreconfine lo fece guidata dai contrabbandieri, il secondo con l'aiuto dei finanzieri. Gli uni e gli altri facevano parte dello stesso mondo, per la sua famiglia che durante la guerra si era trasferita da Milano a Casnedo, sopra Cernobbio.

«Mio padre, sarto, diede degli abiti civili a tre finanzieri che scappavano dopo l'8 settembre: "In divisa - disse loro - vi prenderanno subito". E quelle divise tornarono poi utili a mio fratello e a un suo amico per passare a loro volta in Svizzera attraverso le finestre di una casa sul confine tra Maslianico e Pizzamiglio». «Anche i contrabbandieri - aggiunge - erano nostri amici. Venivano a salutarci prima di uscire la notte e mio padre lasciava aperto il cancelletto del giardino perché potessero utilizzarlo come scorciatoia al ritorno». Tra il Bugone e i Murelli incontriamo un ex contrabbandiere che conferma quel clima: «Io ho fatto in tempo a fare lo spallone per due anni, quasi quattro decenni fa. Era un modo per arrotondare (ai suoi tempi Verga come operaio guadagnava 17 mila lire al mese e potando bricolle ne racimolava 5mila in una sola notte, ndr), ma avevamo rispetto dei finanzieri, che erano persone come noi. Poi è arrivata gente dal Sud, che invece di mollare la bricolla e scappare ha cominciato a tirar fuori pistole e coltelli...».
Pietro Berra

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