Capellato, dopo le minacce
arriva il trasferimento

L'indagato ha lasciato ieri il Bassone. Il verbale del primo interrogatorio: «Io, perseguitato da anni»

Emanuel Capellato è stato trasferito ieri mattina dal carcere del Bassone al carcere di Torino. La decisione dell'amministrazione penitenziaria matura a un mese dall'avvio del processo che lo vede imputato, con Leonardo Panarisi, dell'omicidio di Antonio Di Giacomo, ucciso il 9 ottobre dell'anno scorso in un appartamento di via Cinque Giornate, in centro città. Le ragioni che hanno motivato il trasferimento dell'imputato sarebbero da ricondursi, almeno in parte, alle minacce che Capellato ha ricevuto in questi mesi, in un clima di tensione che i giorni non stemperano, anzi: 35 anni, barista in un locale del centro, in passato titolare di una sala giochi in via Milano (quella all'incroio con via Cadorna), fin dal giorno del suo arresto - il 26 ottobre del 2009, due settimane dopo il delitto - Emanuel imputa l'omicidio a Leonardo Panarisi, 53 anni di Tavernerio, come lui rinviato a giudizio per il prossimo 17 novembre. Si accusano l'uno l'altro. Panarisi sostiene da sempre di essersi attivato soltanto a cose fatte, cioè dopo che Di Giacomo era già morto da un pezzo, di avere raggiunto Capellato solo per aiutarlo a sistemare le cose, a far sparire il cadavere, a cancellare ogni traccia del delitto. Così, l'anno scorso, Capellato concludeva il suo interrogatorio: «Sono anni che Panarisi mi minaccia perché mi ritiene responsabile del suo arresto di sei o sette anni fa (quando fu fermato per possesso di stupefacenti, ndr), tanto che mi bruciò l'auto e mi ha minacciato più volte». Appuntamento in aula il 17 novembre.

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