Como, Ca' d'industria
Stop all'appalto d'oro

Ca' d'Industria torna indietro di due anni, ai tempi in cui le proprie cucine e i propri dipendenti preparavano i pasti e li distribuivano direttamente agli ospiti.

COMO Ca' d'Industria torna indietro di due anni, ai tempi in cui le proprie cucine e i propri dipendenti preparavano i pasti e li distribuivano direttamente agli ospiti.
Il consiglio d'amministrazione nominato a dicembre e presieduto da  Paolo Frisoni, s'è riunito l'altra sera e ha deciso di annullare il contratto di esternalizzazione del servizio pasti con Fms srl, la società alla quale era stato affidato nel mese di febbraio 2010. Ma al taglio del rapporto arriva attraverso una strada un po' più lunga e complicata. Infatti, annulla la procedura di aggiudicazione del contratto di appalto: cancellando il mezzo, cancella anche il fine. È come se quel contratto non fosse mai stato firmato, poiché è crollato il presupposto che lo reggeva.
La magistratura sta tuttora lavorando ed è questo che ha messo piombo ai piedi del consiglio d'amministrazione. Fin dalle prime sedute di gennaio, infatti, presidente e consiglieri avevano acceso i riflettori sulle carte dell'appalto cucine e soprattutto sulle anomalìe già emerse nei mesi precedenti e che avevano suscitato l'interesse della Procura.
Molte anomalìe: un appalto da venti milioni di euro per dieci anni affidato in sette giorni: il 18 febbraio, lettera d'invito per la gara a sei società; il 24 febbraio, la risposta di due società, Fms di Nova Milanese e Gruppo Inservio di Como; il 25 febbraio, si è riunita la commissione per l'esame delle offerte, costituita da due consiglieri dello stesso consiglio d'amministrazione dei tempi, Mario Peloia e Flavia Farina. «I tempi erano urgenti: i Nas avevano imposto la chiusura delle cucine di Rebbio»: così, l'allora presidente del consiglio d'amministrazione, Domenico Pellegrino, spiegò la rapidità. Ma c'è di più: il contratto prevede il pagamento di un minimo garantito di pasti, a prescindere dall'effettiva erogazione. Però, stando al verbale del consiglio d'amministrazione del 26 febbraio, ai consiglieri non è stato detto che l'offerta Fms è relativa ad un minimo garantito di 180mila pasti. Questa offerta doveva essere ritenuta inammissibile perché non conforme al bando. I conteggi che risultano dal verbale del 26 febbraio prendono in considerazione 182. 500 giornate alimentari l'anno (colazione, pranzo, merenda e cena ) che derivano da un numero di letti pari a 500. Ma il numero dei letti indicato è superiore alla realtà e se è inteso come mero riferimento, non ha nulla a che vedere con i 180mila pasti indicati nell'offerta Fms. Il risultato: i pasti pagati e non erogati valgono dai 450mila ai 500mila euro l'anno, un peso notevole sul bilancio già difficile della Fondazione.

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