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Giovedì 02 Agosto 2012
Si finge malato, va in vacanza
e se ne vanta su Facebook
Chiede tre settimane di ferie per agosto, gliene concedono due e lui, apprendista ventenne con la fortuna di essere assunto in un'azienda che ha lavoro anche in agosto, si fa fare un certificato medico per due settimane di malattia e lo invia 15 giorni prima dell'inizio delle ferie
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A raccontare la vicenda, con una lettera alla Provincia, è Marco Clerici, datore del giovane apprendista che per più di un motivo non si può certo definire un furbo, non ultimo il fatto che in questi giorni il ragazzo «si beffa di noi - dice Clerici - e lo fa coi colleghi su Facebook».
Clerici, amministratore delegato del gruppo Clerici Auto (120 dipendenti fra cui 20 apprendisti, «che - chiarisce - tranne in un solo caso in passato, non mi hanno mai creato problemi del genere» suddivisi nelle sedi di Lurate, Tavernerio, Mariano Comense, Olgiate Comasco, Saronno e Varese) ha fatto i passi necessari a gestire la vicenda, a partire dall'invio di due visite ispettive durante le quali il giovane non era in casa.
L'imprenditore sta gestendo facilmente la situazione, ma ha deciso di parlarne non per una denuncia pubblica del caso («niente nomi - ci dice al telefono - né del ragazzo né del medico»), ma perchè, scrive, «sono stato colpito dall'aspetto collusivo della questione e vorrei essere aiutato a trovare un senso a questo comportamento. Da solo fatico a trovarlo soprattutto in questo momento di feroce crisi, in cui le aziende più che mai hanno bisogno di avere tra le loro fila persone motivate e collaborative, prendendosi in carico anche le responsabilità formative di persone che non vengano "rovinate" da burocrati demotivati e dalla ricetta facile».
Questa, ci dice l'imprenditore, è una storia in cui a perdere sono proprio tutti. «Perde il medico - dice - che si relega a mero passacarte e che, ancor prima di visitare il paziente, sceglie la strada più semplice che la sua professione gli consente, ossia concedere 15 giorni di malattia senza assumersi responsabilità e tantomeno l'incombenza di rivedere il ragazzo dopo qualche giorno. Una leggerezza gravissima che si ripercuote sulle imprese prima e sulla formazione del ragazzo poi».
Perde il giovane che «lascia passare il tempo mettendo a repentaglio la possibilità di imparare una professione e di definire sé stesso anche attraverso un lavoro. Anche se alla fine - aggiunge - il giovane è quello che biasimo di meno: si comporta da ventenne immaturo che risponde in prima istanza ai suoi bisogni, probabilmente mal consigliato e che proviene da un contesto famigliare che poco lo contiene».
Maria G. Della Vecchia
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