Sempre più imprese comasche
raddoppiano in Svizzera

Vantaggi fiscali, ma soprattutto una burocrazia meno opprimente. E voglia di costruire un ponte (snello) verso l'Europa

COMO Raddoppiare l'attività? Meglio in Svizzera, soprattutto per la burocrazia.

Una tendenza che si sta radicando tra i comaschi. C'è chi ha aperto l'azienda in quattro giorni, chi s'è creato un avamposto commerciale per vendere all'estero; chi ancora è approdato in Svizzera per evitare i costi di sdoganamento, chi per riprendere a fare impresa in un mercato ricettivo.

Sono sempre di più gli imprenditori comaschi che decidono d'oltrepassare la frontiera alla volta della Confederazione elvetica, stremati da un fisco opprimente che si assomma al dramma di un mercato interno in stallo.

Silvio Delfatti, un'azienda specializzata in vendita e assistenza di stufe, caldaie e pellet, la "New Fire" "di Faloppio, non vede l'ora d'inaugurare, sabato, una nuova unità produttiva in Ticino, la "Eco Fire". «È un regalo che faccio a mio figlio, condannarlo a fare impresa in Italia avrebbe significato non garantirgli un futuro - commenta - sono cinque anni che collaboro con un'azienda svizzera come socio, ho, quindi, già toccato con mano cosa vuol dire lavorare in un Paese in cui il costo del lavoro è un terzo di quello italiano».

Ma è soprattutto la burocrazia a fare la differenza. Accanto alla volontà di creare un ponte (più snello) per l'Europa.

Ci sono però eccezioni. Come per il settore edile.

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