"L'ho rivisto dopo anni
e ho deciso di ucciderlo"

Carate Urio: la confessione di Antonio Terribile, 44 anni, autoaccusatosi dell'omicidio dell'imprenditore Antonio Dubini. Il presunto assassino era un dipendente della vittima alla Satex Comojersey

COMO «L’ho incontrato per strada a Portichetto, un paio di mesi fa. Ed è allora che ho deciso di ucciderlo». La confessione choc di Antonio Terribile, 44 anni, di Cadorago, ex dipendente della Satex Comojersey, l’uomo che si è costituito ai carabinieri autoaccusandosi dell’omicidio di Antonio Dubini, è un tuffo a capofitto in un buco nero affollato d’ombre e di spettri. La soluzione del giallo di Carate Urio, sulla quale in pochi avrebbero scommesso un centesimo vista l’incredibile scarsità di indizi, è tutto meno che consolante: Antonio Terribile aveva lavorato con Dubini fino al 1991, al tempo in cui questi era direttore dello stabilimento di Fino Mornasco.
Lo odiava, ha raccontato ai carabinieri, perché aveva fatto installare sulle linee di produzione del tessuto alcune telecamere. Terribile, che all’epoca aveva 26 anni e già mostrava i primi sintomi di un’alterazione emotiva che lo avrebbe portato diciott’anni dopo fino al cancello del residence di Carate, accusò Dubini di averle installate all’unico scopo di spiare lui e il suo lavoro. Naturalmente il sistema video serviva a tutt’altro. Erano microcamere montate sulle macchine da stampa per consentire ai tecnici di controllare, anche restando a una cinquantina di metri di distanza, la regolare fuoriuscita delle pezze di tessuto, ma con il senno di oggi, quelle microcamere sulla mente di Terribile ebbero un effetto devastante.

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