Liberi fino al processo
vittime senza pace

Storia di rabbia, storia di dolore scritta sulla faccia di un’artigiana di 62 anni in pensione, due figli che la stringono per una mattina intera sulla panca dell’atrio del tribunale, un marito che le ha lasciato foto e sms sul cellulare prima di recarsi da qualche parte dell’Infinito ad aspettarla

COMO Storia di rabbia, storia di dolore scritta sulla faccia di un’artigiana di 62 anni in pensione, due figli che la stringono per una mattina intera sulla panca dell’atrio del tribunale, un marito che le ha lasciato foto e sms sul cellulare prima di recarsi da qualche parte dell’Infinito ad aspettarla.
Una faccia livida, è sgomento, è paura, è amarezza e alla fine di cinque ore di tensione, le lacrime appannano gli occhiali: «Dov’è la giustizia?» chiede. Ma il giudice applica la legge: se non ci sono motivi di fuga, di inquinamento delle prove, di ripetere il reato, non può tenere in carcere nessuno, finchè non sarà processato. Ancora quattro giorni prima del processo e intanto sono in libertà Michele Huier, 42 anni e sua madre, Gina Dori, 59 anni, italiani, residenza in una villa di Monza, giostrai, una lunga sfilza di precedenti per reati contro il patrimonio, in Lombardia e in Canton  Ticino. Sono stati arrestati sabato per «furto con destrezza, aggravato dal raggiro e in circostanza di tempo e di luoghi tali da privare la difesa», come dice l’ultimo decreto sicurezza. Sabato a mezzogiorno la sessantaduenne, residente a Como, aveva fatto la spesa al supermercato del Dadone. È salita in macchina, parcheggiata al secondo piano interrato, ha appoggiato la borsetta sul sedile a fianco e ha notato un uomo che gesticolava, altre persone sull’auto dalla quale era sceso. Le mostrava qualcosa sotto l’auto. Lei ha abbassato il finestrino, ha guardato in basso, non ha notato niente di particolare. Lui le ha chiesto un’indicazione stradale e lei ha pensato: «Ma che domande mi fanno? E che tipi». Se ne va. Fa per mettere le mani in borsa per prendere il cellulare e chiamare casa, ma la borsa, appena regalata dalla figlia, non c’è più, non c’è più il portafoglio con i soldi, il bancomat, il cellulare con le foto e i messaggini del marito, la cosa più sacra. È come se qualcuno avesse preso il malloppo aprendo la portiera di destra mentre la donna era girata verso sinistra. Scatta l’allarme, la Polizia avvisa tutte le forze dell’ordine e verso le cinque, l’auto sospetta è intercettata in via Pasquale Paoli. Il conducente parte verso Como, non sa che la città è bloccata dal Giro di Lombardia e in via Napoleona, una pattuglia della  Volante li prende. A bordo, sono in cinque, madre, tre adulti e una bambina di undici anni. Gina Dori ha una chiave passepartout a croce stellata addosso e 270 euro di cui non sa giustificare il possesso, ma nel frattempo, era stato fatto un prelievo da 250 euro al bancomat e un altro era stato tentato. Michele Huier nasconde sotto il sedile un cilindretto calamitato per le placche antitaccheggio. Madre e figlio sono arrestati, dopo il riconoscimento. All’udienza di convalida, ieri mattina, davanti al giudice Alessandro Bianchi, hanno negato ogni responsabilità, hanno portato alibi, in fase di verifica, sono caduti in contraddizione. Il Pm Maurizia Vezzoli ha chiesto la custodia cautelare; l’avvocato Livia Zanetti i termini a difesa. È tutto, madre e figlio se ne vanno liberi, tra grandi abbracci degli altri fratelli che, con una giovane donna, neonato al seno, hanno aspettato di riportarseli a casa, facendo quasi da sentinella all’aula.
«Ma è finita così? - chiede la vittima - loro possono andare a casa? E non fanno parlare me?». Gli elementi per la custodia in carcere non sono sufficienti: occorre una prova, poteva essere il corpo del reato, ma non è stato trovato e le immagini riprese dalle telecamere sono da decifrare.  Gli indizi sono come le perle di una collana: o si trovano il filo che le lega e il fermaglio, oppure valgono per quel che sono, ma il cittadino, fatto di emozioni, che ne sa. Il poliziotto conforta la pensionata e i due figli: «Tornate venerdì. Adesso, mangiate un boccone». Non va giù. C’è un grumo, proprio qua.
Maria Castelli

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