Camere di Commercio
Fusione Como-Lecco addio
«Presi in giro: spreco assurdo»

Camera commercio, il presidente Ambrogio Taborelli esprime rabbia per lo stop all’aggregazione con Lecco

«Mi sento preso in giro». Ambrogio Taborelli non usa mezzi termini di fronte al freno sulla riforma delle Camere di commercio. In questi mesi Como e Lecco hanno lavorato per arrivare tempestivamente e nel modo migliore alla fusione. Adesso con la sentenza della Corte costituzionale, tutto sembra destinato a un rinvio non proprio lieve. E disturba ancora di più, perché poteva essere previsto, sottolinea il presidente dell’ente camerale comasco.

Il nodo riconosciuto dalla Consulta dopo il ricorso delle Regioni Toscana, Liguria, Lombardia e Puglia contro il decreto attuativo 219/2016 riguarda infatti la «parte in cui stabilisce che il decreto del Ministro dello sviluppo economico dallo stesso previsto deve essere adottato “sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano”, anziché previa intesa con detta Conferenza».

Già, si era solo consultata, non c’era stato un accordo. Su questo lo stesso Taborelli aveva manifestato un po’ di stupore ai tempi. E adesso commenta così: «Per una volta secondo me la Consulta ha ragione. La legge prevedeva che la decisione fosse presa previa intesa appunto. Non semplicemente sentita. E in effetti c’erano delle voci in questo periodo, qualcosa era nell’aria».

Insomma, choc sì perché sembra incredibile impostare una tale trasformazione e poi cadere così. Ma allo stesso modo il silenzio degli ultimi tempi in attesa della sentenza non pareva proprio in linea con il detto “Niente nuove buone nuove”.

Perché dunque Taborelli si sente preso in giro? «Perché la cosa era stata segnalata, se n’era parlato e la si è bypassata – osserva – io mi domando chi abbiamo giù. Ci sono fior di consulenti strapagati. Sono allibito che possano accadere cose del genere».

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