Facebook e i dietrologi
nell’era di Libeskind

Libeskind? Con ‘sta storia che ha le superfici a specchio, finirà che gli uccelli ci si schianteranno contro, che si faranno del male e che alla fine le rondini decideranno di levare le ancore prima del tempo. Vedrete, e poi ci direte.

Sensazionali i social network, sensazionale Facebook. Erano anni che i comaschi non si davano tanto da fare sul web rivelando la loro indole irresistibilmente dietrologa e brontolona. L’occasione è stato il completamento del montaggio del monumento alla luce, “The life electric”, stura d’un profluvio di analisi spesso involontariamente esilaranti, qualche volta spiritosissime, frequentemente arrabbiate quando non addirittura forcaiole. Senza pretese scientifiche, eccone un sunto, rabberciato leggendo qua e là ma, soprattutto, attingendo al gruppo “Sei di Como se…”, community frequentatissima, vivacissima e spesso anche spunto per approfondimenti di cronaca interessanti (con la speranza che nessuno degli aficionados se la prenda a male per questo breve “divertissement”).

Un plauso, per cominciare (e senza sarcasmo) lo merita il signor Stefano, che sul social pubblica il progetto di un esilarante e immenso ditone, alto 18 metri e mezzo, personalissima rivisitazione di un monumento non già alla luce ma all’alluce, da collocarsi sul “tondello” superstite, quello in fondo alla diga del molo di Sant’Agostino: l’autore cerca sponsor, un po’ alla “Amici di Como”, ma l’arena non è quella giusta. Sui social alzano la voce soprattutto gli incattiviti, quelli che non c’è niente da ridere e che si augurano (la signora B.) che addirittura « forze della natura levino di mezzo quel pezzo che non dice niente».

Fioriscono leggende: «È vero che ci fischia il vento dentro?». Speriamo, vien da pensare, magari un bel vento di burrasca che tramuti il Lario in un oceano furioso, quantomeno tale da giustificare la proposta del signor S., che scrive: «Io avrei messo un’enorme pila con scalinata interna per ammirare il panorama e un’enorme luce sopra tricolore per avvisare i battelli di notte», che notoriamente, di notte, incrociano numerosi e che, soprattutto, per farsi largo nelle tenebre oceaniche di queste latitudini ,un faro gli servirebbe proprio. «Lo dicono anche i turisti», invece, fa molto «sei antipatico, lo dicono tutti», spauracchio di ciascun reietto di ogni terza elementare che si rispetti. La signora L. è una che sa come si usa: «Numerosi e increduli molti turisti sulla funicolare si chiedevano cosa mai fosse quel pilone in mezzo al lago, insomma, non un bel biglietto da visita. Quando poi si cerca di spiegare il significato (dev’essere che capita di frequente, ndr), loro guardano chinando il capo una volta a destra, una volta a sinistra e accennano uno stentato sorriso che in poche parole fa capire che è un punto di domanda. Quando poi scoprono che è un’imposizione fatta ai comaschi, sorridono di nuovo e dicono… business?!? Una bella pubblicità, non c’è che dire». Psicologa. Non mancano gli oscurantisti, quelli che “mi è sparito il lago”. Scrive F., postando una foto: «La fontana di Villa Geno da Piazza Cavour ora non si vede più». Oddio. Certo, bisogna posizionarsi spalle al Monti, contare dodici passi verso ovest, quindi tre a nord e ancora sei a occidente, individuando così l’intersezione tra il sedicesimo e il diciassettesimo lastrone, ma in effetti è un peccato, così come rileva, ironicamente, il signor F: «Vi si siete mai resi conto che dal centro esatto di piazza Cavour non si vede il Duomo? Tremendo…». C’è anche la signorina V., in versione animalista: «Immagino che fastidio darà, visto che è tutto a specchio, anche solo alla navigazione, per non parlare degli uccelli che ci si schianteranno addosso. Ci farà causa pure il Wwf…». Il problema, semmai, è quello dell’eventuale causa che potrebbe intentarci il British institute, vista la dedizione per l’inglese dei giovani discendenti di Alexander Volta: «Ma chi è che ha dato il nulla osta a far costruire un building in quel punto??? Povera city». E c’è chi chiede di monetizzare la concessione: «Now weve got the stem (lo stemma?,ndr), where is the car?». Già, la vecchia faccenda del simbolo Hyundai. Dov’è la macchina? Per la signora A. tutto ha una spiegazione: «So many autos are in the garage of the archi!». Capito? In fondo era tutta questione di leasing.

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