I “forconi” impongono
un cambio di marcia

La crisi che sta investendo il nostro paese impone una seria riflessione sulle cause che l’hanno determinata nonché sulle conseguenze che essa ha innescato nel sistema. Stiamo assistendo alla progressiva erosione del tessuto sociale che rischia di mettere a repentaglio quel po’ di coesione che avevamo faticosamente costruito nei primi cinquant’anni di Repubblica.

Il cittadino ha smarrito ogni certezza e avverte un crescente senso di precarietà che genera fatalmente il terrore di una povertà incombente. Il fenomeno dei “Forconi” rappresenta il segnale di una
rivolta sociale non più sottovalutabile perchè si ha la netta sensazione che questo movimento goda di un consenso inconfessato ma diffuso in tutte le categorie sociali e produttive. C’è un impoverimento di massa che non ha precedenti nella storia del nostro paese.

La lenta e inesorabile proletarizzazione dei ceti medi rappresenta un dato storicamente inedito davanti al quale la politica seguita a denotare una disarmante impotenza. Tutti i governi che si sono succeduti negli ultimi anni hanno finora garantito quello che la stampa inglese ha biecamente definito “la stabilità dei cimiteri”. Lascia sgomenti l’assoluta incapacità della nostra classe politica di uscire da questo drammatico “cul de sac” per scardinare il quale non ci si può baloccare nell’illusione che dalla sola legge elettorale possa sortire la grande svolta di cui il paese ha bisogno. Si sta creando una faglia sempre più profonda tra politica e società civile che risulta pericolosa per le stesse sorti della democrazia che, alla lunga, potrebbe non reggere la pressione di una disgregazione sociale sempre più rabbiosa.

Forconi e grillismo sono la spia di una disperazione ormai trasversale che non crede più alle soluzioni “moderate” di chi ha ancora voglia di scommettere sulla politica. Non meno pericoloso, tuttavia, è l’atteggiamento protervo e schifiltoso di chi usa liquidare la protesta come una forma irrazionale di anarchismo iconoclasta. Occorre prendere atto che esiste un pezzo di società civile, sempre più consistente, che non crede più nell’Europa e nella classe politica di cui non vengono più tollerati gli innumerevoli privilegi. Di contro, c’è una parte del corpo sociale che vede in Matteo Renzi l’ “homo novus” in grado di condurre il paese fuori dal guado. Pertanto nei prossimi mesi saranno Renzi, Grillo e il movimento dei “Forconi” ad imporsi all’attenzione dell’opinione pubblica il cui disgusto per la politica potrebbe favorire il sorgere di scenari inquietanti e gravidi di insidie. La verità è che stanno giungendo a completa maturazione i frutti del ventennio berlusconiano che ha completamente raso al suolo la Politica. Siamo ignari protagonisti di una svolta epocale di cui, allo stato, non si intravedono gli esiti. Stiamo, probabilmente, approdando all’era della “post-politica” che celebra i fasti di un nuovo paradigma populista destinato ad infliggere il definitivo colpo di grazia alla democrazia dei partiti. Come diceva Bobbio, la democrazia, prima di essere un sistema politico, è un modo di essere. Questo è il vero motivo per cui ci sentiamo tutti vittime dimenticando, in realtà, di essere anche i veri colpevoli.

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