La nuova cultura
si chiama Stendhal

Si chiamerà “Stendhal” (sì, proprio come lo scrittore francese che in realtà rispondeva, ma solo se di buonumore, al nome di Marie-Henri Beyle) e la ragione ve la riveleremo più avanti. Più importante del nome della cosa, adesso, è la cosa della cosa, ovvero la sostanza, la natura della sua esistenza.

“Stendhal” è la nuova sezione di cultura e spettacoli che da domani, venerdì 2 giugno, giornata in cui nascono le repubbliche, troverete in coda a questo giornale. E se “Stendhal” non sarà una repubblica a parte nel quotidiano, vorrà tuttavia proporsi come un territorio un po’ diverso. Cultura e spettacoli non sono certo invenzioni, esistono da che mondo è mondo e da che rotativa è rotativa. Tuttavia, oggi, sono le parti dell’informazione che più si prestano a essere aggiornate, ripensate, e, in coda al giornale tradizionale, con le sue notizie, le inchieste e le informazioni di servizio, possono diventare quel “di più” che è tanto difficile individuare nella nebulosa dei media e dei social.

Con “di più”, attenzione, non va intesa un’indicazione di quantità. Il problema, semmai, è che oggi di quantità ne abbiamo troppa: i siti si aggiornano ogni poco, la bacheca del social cambia a velocità vertiginosa senza lasciarci il tempo di catturare ciò che scorre, impedendoci, in virtù della sua frenesia globale, di godere del tempo necessario a esercitare un minimo di giudizio critico. Sappiamo, in teoria, tutto; tutto viene portato alla nostra attenzione: pochi, pochissimi anzi, ci aiutano però a scegliere.

Noi allora, nella nostra modestia, abbiamo chiesto a Stendhal (perché proprio a lui lo vedremo più avanti: abbiate pazienza) di ispirarci nelle nostre scelte per aiutare le vostre. Cosa vedere? Cosa leggere? Cosa ascoltare? E, naturalmente, cosa evitare come la peste.

“Stendhal” si propone dunque si scegliere e per ciò che ha scelto, di approfondire. Ci siamo anche dati l’incarico di dare giudizi - motivati - sui temi che andremo a trattare: questo perché cavarsela con la notizia pura e semplice oggi non basta più. Tutti i canali di informazione sono aperti a traffico continuo: ciò che serve è un vigile che, in buona coscienza e con tanta professionalità, il traffico lo diriga. Non sempre coglieremo nel segno e non sempre arriveremo a interessare tutti: siamo certi però che qualche sopracciglio potremo alla fine sollevarlo e un po’ di interesse metterlo in circolo.

Troverete che “Stendhal” crescerà in volume di pagine dal venerdì alla domenica e dimagrirà negli altri giorni della settimana. Una scelta dettata due ragioni: nel weekend si offre più ghiotta l’occasione di fare approvvigionamento di cultura e, di nuovo, è nostra convinzione che sommergere il lettore di carta non è la politica più utile a noi e a lui. Sezione agile durante la settimana, quindi, e tanti approfondimenti il venerdì, il sabato e la domenica: gli spettacoli usciranno dalla cerchia locale, scopriremo le ultime serie tv e i film in uscita, i libri freschi di stampa e i download musicali per i quali la memoria degli smartphone si affretterà a far spazio. Avremo pagine per raccogliere e ordinare gli eventi dei tre giorni, altre che segnaleranno interessanti appuntamenti d’arte e itinerari mozzafiato per una domenica nella natura.

In questo ci aiuteranno tante preziose firme già familiari ai lettori e altre che impareremo a conoscere. Ci guideranno poi attraverso mille palcoscenici, mille schermi e mille biblioteche la colta sensibilità di Pietro Berra e la saggezza enciclopedica di Alessio Brunialti, oltre all’esperienza e al talento di molte altre penne del giornale. Per soprammercato, ci sarà anche il sottoscritto: impegnato, più che altro, a cercare di non sbagliare troppo.

Infine, la risposta alla domanda di cui sopra: perché “Stendhal”? Non c’è una ragione sola. La più importante è perché il grande scrittore frequentava questa magnifica parte del mondo e l’amava. E poi, nei suoi scritti, dimostrava una conoscenza dell’animo umano e uno spirito critico che, se impossibili da emulare, vorremmo almeno tener presenti nello svolgere il nostro lavoro. Il nome “Stendhal”, oltretutto, ci piace: ha il suono di un marchio - oggi si direbbe “di un brand” - che, alla lunga, nel ripeterlo, diventa astratto e significa ciò che vogliamo significhi: un’idea, un’opinione, la voglia di informarsi, di divertirsi. Di vivere.

E infine perché, ancor prima di incominciare, ha già sollevato una domanda: perché Stendhal?

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