Colombo: «Io al Mondiale? Un’esperienza unica»

Parla il comasco Colombo, protagonista della rassegna di pallanuoto a Budapest

Quel braccio un po’ piegato verso il basso mostra un evidente errore tecnico che il pallanuotista potrebbe e dovrebbe evitare. Per questo il lancio della palla della foto rappresenta per il comasco Raffaele Colombo, ora arbitro internazionale di pallanuoto, il sogno inespresso: diventare un grande giocatore.

Quando Tete Pozzi, ai tempi allenatore nelle giovanili, gli regalò il suo primo fischietto da professionista, il messaggio risultò subito chiaro: la strada dell’arbitraggio è tua, percorrila e avrai soddisfazioni. Così è andata e dopo esser diventato uno tra i migliori direttori di gara dello stivale, per Colombo è iniziata l’ascesa ad altissimi livelli.

Dopo le prime esperienze in diverse manifestazioni importanti, è arrivata la prima convocazione “pesante”: quella per i recenti Campionati Mondiali di Budapest, dove il fischietto comasco ha avuto un percorso esaltante.

«Ventisei arbitri da tutto il mondo, diciassette giorni di impegni serrati, quattro città a ospitare i campionati: è stata un’esperienza stupenda».

Trasuda entusiasmo, Raffaele, quando snocciola i dati del torneo che a suo dire ha avuto nella formula della dislocazione delle partite in quattro piscine la ragione del grande successo. «Non ho mai visto spalti vuoti, anzi, gli ungheresi in primis ma poi tutti gli altri tifosi hanno riempito le tribune mostrando di gradire questo tipo di organizzazione. Che spettacolo la piscina di Budapest gremita per le finali».

Quando ha saputo della sua convocazione?

Ad aprile, la commissione internazionale che tiene sotto osservazione l’operato di tutti gli arbitri mi ha selezionato, mi ha fatto arbitrare la World League per confermare la scelta dopodiché la decisione è diventata definitiva.

È partito in sordina, poi…

Beh, poi quando è stato formato il gruppo che avrebbe arbitrato dagli ottavi alle finali, sono rientrato in quella lista. Ottavi, quarti, semifinali e la finale maschile del quinto posto: con l’Italia impegnata nelle finali tra il primo ed il quarto posto, chiaramente il mio destino era scritto, mai avrei potuto arbitrare gli azzurri.

È stato il Mondiale del Var.

In realtà era già stato introdotto agli ultimi Campionati, però ora ne è stato allargato l’utilizzo e secondo me ormai è indispensabile: Gol non gol, rientri anticipati, gol sulla sirena, eventi violenti post-partita: ora l’arbitro non si deve più preoccupare di questi fatti, il Var dissipa ogni dubbio. Andrebbe introdotto anche in Italia, spero che un giorno lo si faccia. Fermo restando che l’errore arbitrale, vale anche per i migliori al mondo, è sempre in agguato, ma non veniamo giudicati solo su quello.

Qual è la differenza tra arbitrare una partita di campionato e una internazionale?

In Ungheria il livello di tensione era alto, la partita era facilmente controllabile ma bastava un episodio per farla esplodere: lì dovevi esser bravo ad intervenire e controllare gli eventi per evitare sviluppi negativi. Non ho mai riscontrato in vita mia un tale livello di tensione ma fa parte del mio ruolo, bisogna imparare a conviverci.

A livello di gioco, è stato un osservatore privilegiato: quali novità ha notato?

Rispetto all’ultimo Mondiale sono crollate le espulsioni ed è cambiato il modo di assegnarle: si favorisce il giocatore che propone, e si punisce quello che fa ostruzione alle proposte. Abbiamo cercato di limitare il gioco aggressivo, perché la pallanuoto non deve essere identificata con la lotta.

L’allenatore che l’ha più infastidita?

Credetemi, il comportamento di tutti è stato altamente professionale, ho estratto un cartellino giallo in tutti i Mondiali che ho arbitrato, e parliamo di ben undici partite.

Andrea Colombo, suo cugino, è stato confermato quale arbitro di serie A nel calcio.

È molto più difficile emergere nel calcio perché il bacino di arbitri da cui attingere è sterminato. Ci apprezziamo e ci sosteniamo a vicenda, tanto è vero che prima e dopo ogni impegno rispettivo ci sentiamo. E comunque prevedo anche per lui un percorso internazionale, se lo merita.

Da adesso, valigia sempre pronta destinazione: ovunque.

Lo spero, e per questo devo un sincero ringraziamento a mia moglie Alice, che sostiene con gioia questa mia passione.

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