Polacchi vuol guarire la Como Nuoto
«Problema più di testa che tecnico»

Prima settimana di lavoro per il nuovo tecnico: «Ho intravisto potenzialità enormi»

Il sogno di una notte di mezzo inverno si è incredibilmente avverato: e Luca Polacchi, allenatore giramondo, diciamo giraNord Italia, finalmente approda nel porto di quella società, la Como Nuoto, che per anni era stata la sua preferita. Deferenza, ammirazione, rispetto: per il nuovo coach della pallanuoto maschile la “galassia” Como Nuoto era il modello cui guardare, da prospettive sempre diverse, formative, ma sempre un gradino più in basso.

Ora, con l’esonero di Paolo Venturelli, si è schiusa una porta che pareva sigillata e chiusa con molteplici mandate. Nato a Busto Arsizio 36 anni fa, Polacchi trovò nello sport della palla in acqua il suo universo, e giocò ininterrottamente (Busto, Monza, Pallanuoto Milano) fino all’età di ventiquattro anni. Divenuto padre, decise che l’impegno da giocatore mal si conciliava con quello di genitore, lasciò lo sport attivo ed intraprese la carriera di allenatore.

Numerose le sue esperienze da tecnico, curiosamente la prima fu nel mondo dei Master: esordì con la Pallanuoto Milano, per poi passare alle giovanili di Osio. Due anni a Legnano, dove fu responsabile dell’intero settore maschile, furono preparatori per i successivi quattro a Novara dove pure si occupò del reparto maschile. L’ultima esperienza è targata Metanopoli: una promozione dalla serie C, poi la clamorosa rottura a metà della corrente stagione in B e l’approdo altrettanto clamoroso alla Como Nuoto.

Cos’è successo con Metanopoli? «Diciamo che avevamo visioni differenti, io e la dirigenza, e quindi la rottura del rapporto è divenuta inevitabile. A quel punto la Como Nuoto si è fatta avanti nella persona del presidente, e così eccomi qua».

Che ambiente hai trovato? «Ho intravisto potenzialità enormi, sia in prima squadra sia nelle formazioni giovanili. Ovviamente si può e si deve migliorare, penso che a Como si voglia far bene. Non giudico il lavoro di chi mi ha preceduto perché non rientra nel mio stile, penso che dopo una prima fase di studio e d’accordo coi tecnici potremo organizzare al meglio il lavoro per il futuro. Lasciatemi spendere una parola sugli allenatori: sono bravi, preparati ed appassionati, e non è una cosa così scontata, questo è di stimolo anche per me e quindi non mi pesa nemmeno fare le ore piccole per mettere su carta i programmi».

Sei stato chiamato anche perché la prima squadra stava attraversando un momento non positivo. «Certo, sono qui da una settimana e sto entrando in punta di piedi nel meccanismo: ho parlato con il gruppo, sto parlando con i singoli giocatori per avere le loro impressioni su ciò che funziona e su quello che invece andrebbe modificato. Ovviamente poi trarrò io le conclusioni. Il problema è più di testa che fisico, sono motivato e desideroso di confrontarmi in campionato».

Durata del contratto? «Non se ne è ancora parlato: l’unico accordo preso riguardava l’inizio della mia collaborazione, più avanti vedremo».

Una domanda che rivolgiamo a tutti i nuovi coach: che atteggiamento hai in partita? Sei calmo e controllato o irascibile e focoso? «Assolutamente la seconda. Non riesco proprio a stare seduto, seguo il match in piedi per spingere la mia squadra e partecipare alle azioni. Comunque ho rimediato poche espulsioni in carriera e non voglio certo incrementare questa statistica a Como».

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