Ats, tutti contro l’unione Como-Varese
Maroni: «Ma la mia riforma era giusta»

L’ex governatore: «Non entro nei campanilismi, difendo la sanità lombarda». Sindacati e medici chiedono di cambiare: serve una medicina più vicina alla popolazione

Ora anche la politica comasca punta il dito contro Ats Insubria e all’unanimità si schiera a favore del ritorno all’ex Asl di Como. Sindacati e medici però, più che una diversa ripartizione delle “poltrone”, chiedono un potenziamento della medicina di base.

Diversi esponenti del centro destra propongono di tornare ad un’Ats tutta comasca non più dipendente da Varese. Democratici e pentastellati concordano pur ricordando che la riforma sanitaria lombarda è farina del sacco di chi guidava e ancora guida la Regione. Il padre di quella riforma varata nel 2015 era l’ex presidente lombardo ed ex ministro Roberto Maroni.

No ai grandi ospedali

«A qualsiasi tentativo di attacco alla sanità lombarda io rispondo con una difesa “a prescindere” – commenta oggi Maroni –. E lo stesso vale per la riforma che ho scritto. Non entro nei campanilismi e non faccio dichiarazioni sul tema, se non per apprezzare il nostro sistema».

Per il categorico Maroni la sanità lombarda era e resta un’eccellenza. «Noi invece contro la riforma nel 2015 abbiamo fatto grandi battaglie - replica Giacomo Licata, segretario della Cgil di Como -, contro l’Ats controllata da Varese, per riportare il territorio del lago nel bacino comasco. A chi adesso dal centro destra, Lega compresa, si accorge che quella riforma era un errore dico “benvenuto”. Ma la pandemia ci ha insegnato che quella riforma era sbagliata perché abbiamo più bisogno di prossimità. Di una sanità non ospedalocentrica, ma con più medici di famiglia e ambulatori nei paesi. Lasciamo ai politici la nomina di qualche dirigente comasco in Ats».

Un’agenzia per la tutela della salute comasca non è la panacea di tutti i mali. «Direi di no - conviene Francesco Diomaiuta segretario della Cisl dei Laghi –, mettiamo piuttosto mano a quella riforma sbagliata dando risorse al territorio. Più medicina preventiva vicina ai cittadini e meno grandi ospedali». «L’Ats rischia di venire strumentalizzata per deviare dall’incompetenza nella gestione della sanità – riflette Salvatore Monteduro, segretario della Uil comasca –. Una sanità che non ha saputo rispondere ai problemi e alle emergenze. La politica ha indirizzato male le risorse, ha concentrato tutto negli ospedali, senza dare punti di riferimento vicini ai pazienti. Mancano i medici, ecco il problema, la riforma Maroni è da rifare».

Tutti gli altri nodi

L’accorpamento della vecchia Asl tra Como e Varese secondo i sindacati aveva almeno tagliato poltrone e incarichi. «Per i comaschi però andare con Varese è stato sconveniente – dice Giuseppe Enrico Rivolta, rappresentante del sindacato dei medici Snami -. Certo che un ritorno dell’Asl a Como sarebbe un bene, ma solo se potenziamo la medicina del territorio. Servono presidi intermedi gestiti da medici tra i grandi ospedali e i medici di famiglia».

«Diversi punti della legge Maroni non sono nemmeno mai partiti – fa notare Giancarlo Grisetti, segretario comasco del sindacato dei medici Fimmg – e la sperimentazione di quella legge è in scadenza e si può dunque rivedere. Ma servono risorse, non promesse. Borse di studio e formazione per i giovani medici. Vicinanza con il territorio, cooperazione tra medici di medicina generale. L’Ats divisa a metà va bene, ma non basta».

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