Como, strade pericolose
«Più illuminazione e zone 30»

Dopo l’incidente mortale avvenuto lunedì le proposte del comandante dei vigili e delle associazioni

L’incidente mortale di lunedì pomeriggio in cui ha perso la vita un pensionato comasco di 85 anni, travolto sulle strisce all’incrocio tra via Oriani e via Cavallotti, ha riacceso importanti interrogativi sulla sicurezza dei pedoni in città.

I dati dicono che a Como, in un anno, gli incidenti stradali sono stati 459 e hanno causato la morte di quattro persone e il ferimento di 597. Un dato complessivo, che tiene conto di tutte le casistiche, dagli scontri tra auto a quelli tra veicoli e utenti “deboli”, pedoni e ciclisti.

Numeri che, come è ovvio, si riducono quando si prendono in considerazione solo gli incidenti in cui tra le vittime ci sono pedoni.

I dati Istat dicono che, nell’intero territorio della provincia di Como, quindi in un’area molto più vasta rispetto alla città, nel 2015 sono cinque i pedoni ad aver perso la vita, mentre i feriti si attestano a quota 207.

Numeri che fanno riflettere e che aprono la strada a interrogativi sulla necessità di attuare misure preventive per contrastare il fenomeno.

«La proposta che facciamo noi da tempo è di aumentare considerevolmente le zone 30 in città», spiega Alberto Bracchi, fondatore dell’associazione la Città Possibile che opera nello sviluppo di politiche per gli spazi urbani e la vivibilità in città.

Una proposta che si fa strada guardando alle esperienze estere: «Con le zone 30 e addirittura 20, come se ne trovano molte in Svizzera, alcuni Paesi europei hanno ridotto l’incidentalità di parecchi punti percentuali».

Una soluzione che non convince però Donatello Ghezzo, comandante della Polizia locale di Como, che per la sicurezza in città intravvede misure diverse: «A Como il traffico già di per sé rallenta le auto. Di aree 30 ne abbiamo sperimentate ma a mio parere il problema della sicurezza stradale in città non è la velocità. L’incidente è connaturato con l’utilizzo della strada ma si può lavorare per cercare di contenerli in particolari situazioni, migliorando ad esempio l’illuminazione di certi passaggi, migliorando la segnaletica e garantendone la manutenzione».

Illuminazione sulla quale punta molto anche l’avvocato Mario Lavatelli, presidente dell’Associazione civica utenti della strada (Acus): «È necessario che in città ci sia un’illuminazione adeguata perché di notte non c’è sufficiente visibilità».

Se gli incidenti si possono ridurre con alcune misure preventive, vero è che, in alcuni casi, il “fattore umano” ha un ruolo non indifferente. Su tutto, la distrazione del guidatore che può causare danni irreversibili: «La distrazione, il telefonino hanno un peso rilevante. Questo aspetto è migliorabile. Noi cerchiamo di farlo con l’educazione stradale nelle scuole dove formiamo gli automobilisti del futuro. Poi si può intervenire con un’attività di controllo maggiore sulle strade», prosegue Ghezzo.

Controllo che potrebbe limitare il numero degli incidenti, insieme ad altre misure preventive che tengano in considerazione anche le fasce più deboli degli utenti della strada, come gli anziani e i disabili: «Sicurezza e accessibilità vanno di pari passo. Si può pensare anche alla creazione di attraversamenti in due tempi per permettere passaggi in sicurezza degli utenti più in difficoltà», prosegue Bracchi.

Per Mario Lavatelli, se l’incidentalità non è in alcuni casi prevedibile ed è legata a un errore umano, puntare a ridurre il rischio è la strada da seguire: «Si dovrebbe fare una verifica complessiva di tutti i tratti stradali e capire, quando c’è un’incidentalità eccessiva, quali siano le cause».

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