Con il lockdown volevano il cane, ora però è record di abbandoni

Il caso La denuncia dei responsabili del canile: «Le richieste sono decine anche per i gatti. Ce li portano accampando scuse inventate di sana pianta»

Avevano preso con sé un cane o un gatto durante il lockdown per compagnia nel periodo dell’isolamento forzato o addirittura per aggirare i divieti imposti alla mobilità. E adesso, rientrata l’emergenza pandemica, hanno deciso di sbarazzarsi degli animali domestici e senza troppi ripensamenti.

Chi deve cambiare casa, chi improvvisamente ha un figlio allergico, chi si è accorto che l’animale, crescendo, è diventato più grande del previsto e non si adegua più alla gestione familiare. Sono pochi invece coloro i quali invocano il carovita o altri impedimenti economici. In ogni caso le ragioni esposte cambiano, ma la sostanza no. Si alza il telefono e si chiama il canile, cercando di convincere i volontari a “ritirare”, nemmeno fosse un pacco, l’ospite che da un giorno all’altro è diventato indesiderato. “Non possiamo più tenerlo” è la frase che si sentono ripetere più spesso al parcocanile Enpa della Valbasca.

L’ondata di richieste

Da metà giugno a metà luglio in struttura sono arrivate oltre 60 chiamate di questo tenore, una media di due al giorno.Marco Marelli, che è il responsabile del rifugio per cani, non se ne capacita: «A livello di abbandoni i numeri sono gli stessi del medesimo periodo dello scorso anno, ma quella che ci ha letteralmente travolti è l’ondata di richieste di famiglie che non vogliono più occuparsi del loro cane o del loro gatto e quasi pretendono che il canile se ne faccia carico immediatamente. Riceviamo più telefonate al giorno. E sul numero complessivo, saranno stati 10 i casi seri e fondati di chi non era più nelle condizioni di prendersi cura del proprio animale. Gli altri erano casi inventati di sana pianta con scuse e giustificazioni che non stavano in piedi». Il canile, che è gestito in via esclusiva da soli volontari, al momento ospita 55 cani, in arrivo ce ne sono altri sette, quindi presto sarà al completo.

È una vera emergenza: «Abbiamo ritirato cani o gatti di persone che sono decedute, finite in casa di riposo o a lungo termine in ospedale. Continuiamo a far fronte al mantenimento di questi animali, come è giusto che sia, nonostante le convenzioni di gestione con i Comuni siano ferme da anni e i costi delle utenze siano cresciuti notevolmente».

Il responsabile del rifugio: «Non siamo una pensione»

«Di certo non è giusto invece che chi ci smolla il suo cane, spesso per un cambio di idea che non mostra alcuna responsabilità nei confronti degli animali, pretenda persino di farlo gratuitamente, senza contribuire alle spese per dargli da mangiare o per somministrare i farmaci che gli servono fino a quando non troverà una nuova famiglia. Noi non siamo una pensione, non lucriamo sugli animali e chi li abbandona deve sapere a cosa va incontro. Ricordo anche che i posti in canile sono limitati e noi siamo arrivati a occuparli quasi tutti».

Il rischio è che dalla chiamata in canile si passi direttamente all’abbandono sul territorio.

«La cultura del rispetto degli animali – chiude Marelli – non è ancora stata sviluppata a livello di intera comunità. Teniamo alta la guardia e segnaliamo le situazioni critiche prima che venga messa a repentaglio la vita di un altro cane o di un altro gatto».

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