Coronavirus, le imprese
«Cambierà tutto,
regole chiare per ripartire»

L’intervista ad Aram Manoukian, presidente di Confindustria Como sull’emergenza economica: «Ci aspettano mesi terribili ma non ho paura»

Una dura prova che dobbiamo affrontare con coraggio, spirito di solidarietà, responsabilità, collaborazione e, per quanto difficile, fiducia». È uno dei passaggi chiave della lettera che il presidente Aram Manoukian ha inviato a tutti gli imprenditori di Confindustria Como. Il testo è una sintetica riflessione sulla situazione drammatica in cui è precipitato il Paese a causa dell’emergenza coronavirus. Ma nonostante in questa fase l’interlocuzione tra la parti sociali sia intensa e non manchino i punti di contrasto, non c’è traccia di polemica o scontro. Vi è piuttosto un richiamo alla responsabilità, nel caso specifico dei singoli imprenditori, nella convinzione che la soluzione del problema, anziché dal rivendicare, passi prima di tutto dal domandarsi cosa ciascuno può fare per contribuire al bene comune.

Presidente Manoukian, è deluso dal prolungamento dello stop salvo limitate eccezioni?

In questo momento assistiamo in Italia al confronto tra due prospettive diverse, entrambe rilevanti. L’autorità sanitaria è focalizzata sul presente e sostiene la necessità di prolungare il più possibile la chiusura. Il mondo delle imprese è invece proiettato sul futuro perché, va da sé, i problemi, dal punto di vista economico, saranno tanto più gravi quanto più a lungo staremo fermi. Nel ruolo di arbitro c’è la politica.

Ed è un ruolo che sta svolgendo nel modo migliore?

Non le nascondo che, soprattutto nei giorni scorsi, ero molto preoccupato di fronte al silenzio quasi assoluto sul poi, vale a dire su ciò che dovremo fare nella prospettiva di una convivenza a medio-lungo termine con il coronavirus. Devo dire che l’istituzione di un tavolo dedicato alla cosiddetta “fase due” e l’indicazione a presiederlo di una figura autorevole come quella di Vittorio Colao, mi hanno confortato.

Il tema, lei dice, è più complesso del binomio fabbriche chiuse/fabbriche aperte…

Temo sia illusorio pensare che tutto potrà tornare come prima. La ripartenza sarà inevitabilmente progressiva e selettiva, dando cioè la priorità alle cosiddette filiere corte dove è immaginabile un più basso livello di rischio sanitario. Ciò premesso, siamo di fronte a una questione di enorme complessità, a tutti noi sarà chiesto un grande sforzo, mi lasci dire notevolmente superiore all’invito attuale a stare a casa.

Cosa intende dire?

In ogni campo della vita sociale, a cominciare dai luoghi di lavoro, sarà necessario osservare rigidi protocolli di sicurezza. Ciascuno di noi dovrà cambiare le abitudini del passato. Alla politica chiediamo di definire, per tempo, regole chiare. Alle imprese, in collaborazione con le organizzazioni sindacali, spetterà attrezzarsi affinché si possa tornare a lavorare in condizioni di assoluta sicurezza. È una prova, lo dico per la parte che rappresento, di responsabilità: tanto maggiore sarà l’applicazione degli imprenditori su questa tema, tanto più grande sarà la fiducia meritata a livello sociale. Il tutto, non dimentichiamolo, nell’ottica di prevenire un ritorno dell’epidemia, magari dopo l’estate, la cui possibilità è, ahinoi, concreta.

Cosa c’è da salvare e cosa invece ha trovato inopportuno in questo periodo?

Il meglio, al Paese, lo stanno dimostrando gli operatori sanitari, le persone esposte in prima linea per contrastare l’epidemia. Avremmo invece dovuto evitare di alzare il tono di contrapposizioni politiche e conflitti sociali per non parlare delle lungaggini burocratiche. Mi auguro che si faccia tesoro degli errori commessi, anche qui giova quello che io chiamo “l’allenamento”, in questo caso al lavoro improntato alla coesione nella ricerca di obiettivi comuni. Un’attitudine che non si improvvisa.

Questa vicenda rafforza il ruolo dei corpi intermedi, delle associazioni di impresa?

I corpi intermedi sono essenziali quando c’è bisogno di affrontare situazioni così complesse. Quanto stiamo vivendo rafforza certo questa convinzione. Dal punto di vista delle imprese ho toccato con mano quanto, nelle difficoltà, sia del resto importante avere il conforto, il sostegno dell’associazione.

Quanto gli imprenditori sono preparati ad affrontare un’emergenza di questa portata?

Mi viene in mente l’abitudine dei cronisti a chiamare “eroe” i soccorritori che in una situazione di pericolo, salvano delle vite umane. In genere queste persone, direttamente interpellate, si schermiscono, rifuggono un termine del genere e, più prosaicamente, si autodefiniscono dei professionisti il cui lavoro consiste nel prestare soccorso. Bene, mi piacerebbe poter constatare che i nostri imprenditori potranno essere considerati dei grandi professionisti in quella che sarà la grande missione di salvare le aziende. Non sarà semplice, di certo lo sarà di più per chi, previdente, ha rafforzato la propria impresa, mettendola per quanto possibile al riparo dai rischi.

Torna nelle sue parole la preoccupazione per il futuro delle imprese, un tema di cui parla da mesi. Si sente un profeta?

Assolutamente no, chi ha dimestichezza con i mercati internazionale sa bene che l’economia globale è una grande opportunità ma anche una costante fonte di rischio. In un contesto così complesso le nostre imprese, per quanto straordinarie, sono troppo piccole e fragili per reggere da sole. È proprio per questo che con i colleghi di Lecco e Sondrio avevo pensato di avviare un percorso per stimolare una riflessione sulla necessità di un nuovo modello di impresa.

Molti hanno criticato il decreto liquidità proprio per il carico di adempimenti burocratici. Condivide?

Il decreto è ciò che serve, ma, soprattutto in un periodo emergenziale, mi aspettavo maggiore snellezza nelle procedure. Mi viene in mente un detto di mio nonno che definiva la burocrazia come la complicazione delle cose semplici.

I fatti degli ultimi giorni hanno indebolito la sua fiducia nell’Europa?

L’Europa di oggi è fatta di Stati legati da trattati. Non mi ha sorpreso ciò che è avvenuto. Mi auguro che la partita non sia chiusa e che l’Italia riesca a persuadere gli altri Paesi di quanto sarebbe insensata un’Europa senza di lei.

È spaventato da ciò che si prospetta per i prossimi mesi?

No, non ho paura. Sono consapevole che affronteremo mesi terribili, sono altrettanto fiducioso che troveremo le soluzioni per superare un periodo così difficile.

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