Frontalieri, accordo fiscale
L’ira dei leghisti svizzeri
L’Italia ci prende in giro

La Lega dei ticinesi di nuovo all’attacco del governo: «Non abbocchiamo»

C’era da aspettarsi la controffensiva del Canton Ticino o meglio di una parte della politica ticinese dopo l’annuncio (ne abbiamo dato ampio risalto sabato) del Consiglio dei ministri italiano circa il via libera al nuovo accordo fiscale con la Svizzera, legato a doppio filo con la tassazione dei frontalieri e con i ristorni ai Comuni di confine.

«Il Belpaese vorrebbe farci credere di essere pronto ad accettare il nuovo accordo sulla fiscalità dei frontalieri. Sul tema si disquisisce dal lontano 2015 senza venirne a una», ha cannoneggiato ieri dalle colonne del “Mattino della Domenica” il direttore e consigliere nazionale leghista Lorenzo Quadri , pubblicando l’immagine di un pesce (con tanto di bandiere svizzera a coprire una parte del dorso) pronto ad abboccare all’amo. Un’immagine forte, secondo la consuetudine leghista, con cui di fatto la Lega dei Ticinesi ha messo nuovamente nel mirino l’accordo fiscale, calcando la mano in particolare sui ristorni, garantiti (dall’intesa tra i due Paesi) sino al 2033. «I famosi ristorni rimarrebbero in essere sino all’anno fiscale 2033 - scrive Lorenzo Quadri - A botte di cento milioni di franchi l’anno, i conti sono presto fatti». Ma il consigliere nazionale leghista pone l’accento anche sul fatto che «l’aliquota fino al 2033 salirà al 40%» (oggi si attesta al 38,8%). «Dunque per una dozzina d’anni pagheremo anche di più», chiosa Lorenzo Quadri.

In questo contesto, va segnalato che il nuovo meccanismo dei ristorni preoccupa anche i sindaci di confine, perché se fino al 2033 sarà garantito il meccanismo diretto dei trasferimenti sull’asse Berna-Roma-territori di confine, dal 2034 toccherà al Governo italiano gestire la ripartizione attraverso un Fondo creato ad hoc. Dunque, sarà importante far sì che nell’iter parlamentare che accompagnerà per parte italiana il nuovo accordo fiscale per buona parte del 2022 questo Fondo venga blindato, assicurando ai territori le stesse risorse che oggi arrivano grazie al granitico accordo del ’74. Duro l’attacco di Lorenzo Quadri al Governo di Berna: «Invece di farsi portare a spasso dalle promesse italiche, il Governo avrebbe dovuto disdire la famosa convenzione del ’74, con conseguente azzeramento dei ristorni». Parole che comunque - come ben sa anche la Lega dei Ticinesi - mai avrebbero potuto trovare applicazione concreta. Certo è che il tema dopo il via libera del nostro Governo è tornato anche alla ribalta delle cronache politiche svizzere.

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