Gli infermieri non bastano. Chiuso un concorso ora se ne fa subito un altro

Sanità Ieri l’approvazione di una prima graduatoria. Ma Asst Lariana prepara già un nuovo bando

Lo stesso giorno in cui si chiude il concorso per infermieri ecco che l’ospedale ne indice subito un altro. La nostra provincia, calcolando anche il fabbisogno delle Rsa e delle future case e ospedali di comunità, ha bisogno di circa 300 infermieri. «In data odierna – recita una delibera dell’Asst Lariana del 24 agosto – è stata approvata la graduatoria per la copertura di infermieri a tempo indeterminato. Costituita da 35 candidati tale graduatoria è stata completamente escussa. Nel fabbisogno risultano ancora vacanti, tra gli altri, trenta posti da infermiere. Si ritiene pertanto di indire un nuovo pubblico concorso sempre per infermieri».

Al concorso appena concluso hanno partecipato in 299, agli scritti si sono presentati in 68 e agli orali in 48. Agli ultimi due concorsi per infermieri banditi dall’Asst Lariana prima del Covid si erano candidati 2mila e 3.500 professionisti sanitari. L’Asst Lariana fa sapere di aver subito bandito un altro concorso a garanzia del fabbisogno di professionisti. Secondo l’Asst la carenza di infermieri nel Comasco è in linea con i dati regionali e nazionali ed è dovuta a molti fattori, per esempio al numero dei neolaureti, alla riapertura dei concorsi negli ospedali meridionali e del centro Italia e della vicina e attrattiva Svizzera. Stando ai dati dei sindacati in Ticino lo stipendio di un infermiere parte da circa 5mila euro lordi al mese. Anche calcolando tasse e spese è molto di più rispetto ai 1.400 euro netti offerti dal sistema sanitario italiano.

«I nostri ospedali devono coprire la pianta organica – commenta Massimo Coppia segretario della sanità pubblica Uil Fpl del Lario – e fanno una fatica enorme. Tra pensionamenti e dimissioni volontarie, verso la Svizzera e verso gli altri ospedali, i nuovi assunti non bastano mai». La mancanza di questi professionisti è però evidente, in un reparto critico con il Pronto soccorso del Sant’Anna se ne sono appena andate quattro infermiere. Va peggio nelle Rsa che per garantire gli standard qualitativi e non chiudere dei posti letto reclutano professionisti direttamente dall’estero. L’ultimo caso è quello delle Giuseppine che hanno stretto un accordo in India.

«C’è un progressivo spostamento verso le partite Iva e la libera professione – dice Patrizia Bologna, altra sindacalista della Uil del Lario –. Tanti infermieri in sostanza preferiscono licenziarsi perché i contratti collettivi o di settore non sono abbastanza remunerativi, succede soprattutto nelle Rsa. Quindi scelgono una tassazione minore e chiedono in autonomia anche 35 euro all’ora visto che sono molto ricercati e ambiti. Così però rinunciano a malattia e ferie, a un lavoro fisso di lunga visione. Anche gli operatori socio sanitari iniziano a preferire lo stesso meccanismo». Sul territorio gli infermieri di famiglia promessi dal governo durante le prime fasi Covid non sono ancora stati tutti reperiti. I prossimi passi della riforma regionale hanno bisogno di nuovi professionisti sanitari, sempre più introvabili.

© RIPRODUZIONE RISERVATA